MASSA

Intervista al ferrarista leader del mondiale F1: «Sono pronto a vincerlo. Ho imparato tanto da Schumi e Raikkonen. E Kimi mi deve un favore...»

Felipe Massa leader del mondiale: è migliorata la Ferrari o è migliorato Massa?
«Entrambi, mi trovo molto bene con questa macchina: iniziare i week end di gara con una monoposto bilanciata aiuta a far bene. Poi, certo, conta l’esperienza: ormai sono alla terza stagione come pilota ufficiale della Ferrari. Ho imparato davvero tanto, sia da Schumacher che da Kimi».
Sente il mondiale più vicino rispetto allo scorso anno?
«Se guardo solo ai punti dico che, sì, ho più chance e che si tratta di una grande occasione per lottare per il titolo. Ma la risposta più corretta potrò darla solo più avanti. Adesso devo restare concentrato e lavorare...».
Lavorare con Raikkonen, da solo o contro Raikkonen? È amico del finlandese?
«Se lui fosse più simile a me, sarebbe facile fare amicizia, ma abbiamo due personalità completamente diverse...».
Non siete amici?
«Al contrario: fra noi c’è una grandissima stima professionale e il nostro modo di lavorare s’integra a meraviglia. Abbiamo lo stesso approccio con la squadra e questo aiuta nello sviluppo delle macchine. Una cosa che ho scoperto con un compagno come Kimi è che anche se uno di noi non è ai test, entrambi sappiamo che chi sta lavorando lo sta facendo con e per te e non contro di te».
Raikkonen ha capito che razza di sacrificio lei ha fatto cedendogli la vittoria davanti al suo pubblico, in Brasile, vittoria che gli ha consegnato il mondiale?
«L’ha capito e lo sa al cento per cento. Kimi non parla molto, ha un carattere particolare, ma di una cosa sono certo: è una persona estremamente leale e la gente come lui ha ben presenti certe cose. Anche se non lo dice, anche se non ne parla, lui sa l’importanza di ciò che ho fatto, sa quanto mi è costato, e sa che l’ho fatto perché rispetto lui e la Ferrari».
Per cui?
«Se ci troveremo, a parti invertite, in una situazione simile, lui sicuramente ricambierà».
Scusi il coltello nella piaga: in Brasile, in quel momento, che cosa ha pensato?
«Che volevo vincere, che per un brasiliano il Gp di casa vale il mondiale, che per fortuna l’avevo già conquistato l’anno prima. Questo mi ha aiutato ad accettare di lavorare al cento per cento per il mio compagno e per il team».
Altri pensieri?
«Sì, ho ricordato tutto ciò che la Ferrari aveva fatto per me e per la mia carriera. È stato il mio modo di ringraziare chi mi aveva dato così tanto».
L’Italia la ama, però, appena sbaglia, sono fiumi di critiche... Se sbaglia Raikkonen, invece...
«E io amo il vostro Paese, ho sangue italiano anch’io».
Forse per questo quando fa pasticci...
«Quello di cui parla lei non sono le critiche della gente, lei sta parlando delle critiche della stampa, della tv. Non sono gli italiani a criticarmi, sono i giornalisti. È diverso. Il tifoso italiano, se mi ama, non smette di farlo per un errore. Pensi al calcio, per esempio il Milan: improvvisamente perde delle partite e viene criticato. Ma i tifosi saranno sempre lì a seguirlo».
Quanto le hanno fatto male le accuse dopo i primi due Gp ko?
«Ovvio, preferisco che parlino bene di me. Però ho un mio metodo: quando le cose non vanno per il verso giusto, io guardo al passato, agli altri momenti difficili della mia carriera, a quando non avevo i soldi per fare due corse e non potevo sbagliare la prima... In fondo, era molto peggio allora. Prendo esempio da quei momenti per tirarmi fuori dalle fasi difficili».
Kimi campione in carica e leader dopo i suoi due Gp a vuoto d’inizio stagione. Non ha temuto che la squadra si concentrasse solo su di lui?
«Quando hai due brutti risultati come quelli, quando il tuo compagno per di più vince e ti è davanti, ovvio che ci pensi. Però la squadra mi ha dato tutto il supporto possibile, è stato bello, mi sono sentito davvero rispettato».
Tante critiche: non è che paga lo scotto di essere considerato il pilota protetto di Jean Todt (Nicolas, il figlio dell’ex gran capo della Ferrari F1, è il suo manager).
«Per un verso sì, pago questo scotto. Però il mio primo anno in F1 (con la Sauber, nel 2002, ndr) quanto a risultati era stato buono, però avevo commesso tanti errori. E il team mi cacciò. Mi misero come un marchio addosso, la mia immagine crollò. E questo, ovviamente, non mi ha aiutato. Per creare qualcosa ci vuole tempo, per distruggerlo un attimo. In fondo, sto ancora ricostruendo la mia immagine».
Sì, ma dicevamo di Todt, del figlio, suo manager...
«Il modo in cui sono arrivato in Ferrari forse non è stato il più giusto per evitare certe critiche. Se avessi iniziato nel 2003 solo come collaudatore, ora la mia immagine sarebbe come quella di Hamilton (cresciuto con Ron Dennis, ndr) o di Alonso, che fin dall’inizio ha avuto Briatore come manager e mai nessuno ha detto niente».
Con calma ha però rispedito al mittente tutte le critiche e le allusioni.
«Ho conquistato tante gare, ho già lottato per il titolo lo scorso anno, ho vinto Gp con Schumi per compagno, ne ho vinti con Kimi, vinco ora... Se sono in Ferrari ci sarà un motivo?».
Parlava di Schumacher, non ha temuto che il confronto la schiacciasse?
«Mi dicevo: devi imparare da lui; pensavo: se sarai competitivo con Michael, potrai esserlo con tutti. È ciò che è successo, ma all’inizio non è stato facile. Ero in difficoltà, non nei test, dove spesso ero più veloce di lui, ma nei primi Gp. È lì che ho iniziato a imparare da lui, a lavorare sui dettagli. Nelle ultime 5-7 gare del 2006 ero ormai al suo livello. Ho conquistato due gare, e altre due, quelle di Hockenheim e Indianapolis, potevo vincerle anche io, ma guardavo Schumi come il mio professore, come un maestro, e volevo fare tutto per aiutarlo a vincere il campionato. All’ultimo Gp (Brasile, vinto, ndr) eravamo a un livello davvero simile».
Pensa di piacere anche ad altri team?
«Sì, mi giudico un pilota che può essere utile in qualsiasi squadra. Per lottare per il titolo, per sviluppare l’auto, per creare armonia nel box. Ho imparato tanto da Schumi. Però sono sicuro di restare alla Ferrari altri due anni».
Ancora Schumi. Ipotizziamo: tre Ferrari in gara, Michael sarebbe lì a giocarsela con voi?
«Sì, non c’è neppure da metterlo in dubbio... Ma non è che arriva e pronti-via è più veloce di noi. Però può essere competitivo su ogni tipo di auto...».
E moto?
Ride. «Difficile.

Ma se si accorge di non essere competitivo, di certo non continuerà a rischiare e a cadere per concludere 15°».
Da brasiliano, quando arrivò alla Ferrari, chiese consiglio a Barrichello su come si vive accanto a Schumacher?
Sgrana gli occhi. «Ma no! Sono andato per la mia strada».
Non c’è dubbio.

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