Massacri di cristiani nell’Africa islamica: è ora di dire «basta»

Basta! Non è più tempo delle denunce! Basta! Non possiamo continuare a piangerci addosso! Basta! Finiamola una volta per tutte con il porgere l’altra guancia! Di fronte all’ennesima strage di cristiani in Nigeria, Kenya e Pakistan, al ripetersi degli attentati terroristici islamici in Siria, alle conquiste territoriali di Al Qaida nello Yemen e nel Mali, alla riconferma della connivenza del governo con gli estremisti islamici in Egitto, alla certezza che i fanatici di Allah sono più che mai attivi dentro casa nostra determinati a imporre la sharia, la legge coranica, in questa Europa che ha perso la propria anima, noi dobbiamo dire: basta!
È stata una domenica di sangue. Sangue sugli altari delle chiese in Nigeria e in Kenya. Nel corso di una funzione religiosa cristiana nell’auditorium dell’università Bayero a Kano, città nel nord della Nigeria a maggioranza musulmana, i terroristi islamici del Boko Haram legati ad Al Qaida hanno massacrato almeno 20 fedeli. Chi sono? Boko Haram significa «la cultura occidentale è proibita». Considerano «haram», proibito, la democrazia, votare alle elezioni, i diritti fondamentali della persona quale la pari dignità tra uomo e donna, così come condannano a morte gli ebrei, i cristiani, gli infedeli e gli apostati. Il loro nome completo è Jamáatu Ahlis Sunna Liddáawati wal-Jihad, ovvero «Comunità fedele agli insegnamenti del profeta e al Jihad». Che cosa significhi concretamente essere fedeli a Maometto e militanti della Guerra santa islamica l’hanno dimostrato massacrando oltre un migliaio di persone dal 2009, tra cui circa 160 vittime a Kano lo scorso gennaio, l’italiano Franco Lamolinara e l’inglese Cristopher McManus lo scorso marzo nel corso di un tentativo di salvarli dal covo dove erano stati sequestrati.
Domenica di sangue anche a Nairobi, in Kenya, dove un sacerdote è stato ucciso e decine di fedeli sono rimasti feriti durante la celebrazione della messa in una chiesa dopo il lancio di una granata. Anche in questo caso si ritiene che dietro all’attentato terroristico ci sia un’organizzazione locale legata ad Al Qaida.
Sempre ieri si è saputo che il cittadino britannico Khalil Rasjed Dale, di origine yemenita, è stato decapitato. La sua colpa è di operare per la Croce rossa. Era stato rapito lo scorso gennaio in uno Stato dove i cristiani sono istituzionalmente discriminati, sono perseguitati in virtù della legge sulla blasfemia che condanna chiunque viene denunciato, anche arbitrariamente, per aver offeso il Corano o Maometto, così come sono stati a più riprese oggetto di efferati massacri. Lo sgozzamento e la decapitazione di tutti coloro che a vario titolo vengono condannati come nemici dell’islam è una prassi di Al Qaida e dei terroristi islamici che si rifà all’esempio di Maometto che nel 627 alle porte di Medina partecipò di persona alla strage di circa 800 ebrei della tribù dei Banu Qurayza con questo atroce rituale, nel convincimento che in questo modo la testa non si ricongiungerà mai più al corpo nel Giorno del Giudizio universale.
Venerdì scorso, giorno della preghiera collettiva islamica, a Damasco un terrorista suicida si è fatto esplodere di fronte a una moschea. Nove persone sono morte tra cui sette poliziotti. Nello stesso quartiere di Midan lo scorso gennaio un attentato terroristico islamico aveva provocato 26 morti e 63 feriti. Eppure gli Stati Uniti e l’Unione Europea affiancano ciecamente la Lega Araba, ormai sottomessa ai Fratelli Musulmani al potere dal Marocco all’Egitto nonché alla teocrazia wahhabita dell’Arabia Saudita, nella condanna cieca e pregiudiziale del regime di Assad, facendo finta che sul fronte opposto non ci siano bande armate dei Fratelli Musulmani siriani e gruppi terroristici di Al Qaida di cui fanno parte degli stranieri.
Sempre in tema di crescita della dittatura islamica, il 24 aprile il tribunale egiziano ha scagionato l’esercito e gli estremisti islamici che lo scorso 9 ottobre avevano ucciso 27 cristiani copti e ferito oltre 320 manifestanti, nel corso di un corteo di protesta di fronte alla sede della Televisione di Stato al Cairo, archiviando per «mancanza di prove» il processo a carico di «ignoti». Secondo i giudici nominati dal ministero della Giustizia sarebbero stati gli stessi cristiani a sparare e ammazzare i propri correligionari, nonostante le immagini diffuse dalle televisioni attestino in modo inconfutabile la responsabilità dei militari e degli estremisti islamici che li affiancavano.


Ebbene come è possibile che di fronte a questo quadro lo scorso 23 aprile il presidente Napolitano, accompagnato dai ministri dell’Interno Cancellieri e della Cooperazione Internazionale Riccardi, si siano recati in visita alla Grande Moschea di Roma nelle stesse ore in cui si annunciava l’arresto di due cittadini italiani legati ad Al Qaida e che attraverso un sito Internet promuovevano la Guerra santa islamica nel nostro Paese? Come hanno potuto Napolitano e Riccardi esaltare la cosiddetta «Primavera araba», attribuendo una legittimità democratica ai regimi islamici al potere che dichiarano pubblicamente la volontà di imporre la sharia, arrivando a sostenere che ora «le ragioni della convivenza sono più forti»?
Basta! Non possiamo più andare oltre in questo deliberato suicidio di un’Italia e di un’Europa ingenui, ignoranti, pavidi, collusi con gli islamici! Basta! È ora di reagire recuperando il diritto a usare la ragione, riscoprendo il sano amor proprio, riscattando il nostro legittimo dovere a salvaguardare la nostra civiltà laica e liberale che, piaccia o no ai catto-comunisti, agli adoratori dell’euro e agli infatuati dell’islamicamente corretto che ci governano, si fonda sulle radici giudaico-cristiane! Basta! Noi non siamo una terra di nessuno e non vogliamo diventare una terra di conquista!
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