Non sarà mai «La valletta di Santoro», come ironizza Maurizio Gasparri, ma di certo, al pari di Michele Santoro, Massimo DAlema disegna la sua identità riscoprendo il fascino della radicalità politica e verbale. Ancor di più se si trova in minoranza, non solo nel Paese, ma persino nel suo stesso partito (come ha evidenziato un convegno del Pd in cui cerano venticinque oratori per venticinque diverse posizioni). Attaccato non solo dal centrodestra, ma da suoi compagni di partito come Piero Fassino e Francesco Rutelli, lex ministro degli Esteri non ha trovato di meglio che rifugiarsi nel proprio «complesso di superiorità». Anche in questo, si rivela simile a Santoro, che non riconosce a nessuno, se non a se stesso, lautorità di dire e di giudicare.
Non sappiamo se i due leader maximi (uno della sinistra politica, laltro della sinistra catodica) siano del tutto consapevoli di questo loro sentimento arrogante. Fatto sta che ieri DAlema ci ha regalato una nuova sentenza, unaltra delle sue massime da capitan Fracassa: «Non siamo noi isolati, ma è questa Italia, ad essere cinica, rozza e ignorante». Ancora una volta il baffino della politica italiana riscopre la sua sempiterna attitudine a considerarsi espressione dellItalia dei «migliori» (Giorgio Gaber) se non - addirittura - il migliore fra i migliori.
Certo, il rivale di Veltroni, in questi giorni è impegnato in una battaglia difficilissima, su una frontiera molto scomoda da presidiare, quella della sua linea anti-israeliana. Una battaglia in cui si ritrova con un vecchio compagno del 68 come Santoro. Proprio lui, che andò orgoglioso di aver dato lordine di bombardare il Kosovo, dando prova in questo modo di una fedeltà ultra-atlantista adamantina, ha deciso - da quando è allopposizione dellopposizione - di rinverdire le antiche simpatie palestinesi, già di Aldo Moro e Giulio Andreotti. È qualcosa di più di una presa di posizione, quella di DAlema, quasi un surrogato identitario. Proprio lui, che fu il più acerrimo nemico di Bettino Craxi, con uno degli scarti a cui la politica italiana ci ha abituati, ha deciso di oscurare persino la memoria dellex segretario socialista posizionandosi sul piano del filo-arabismo più radicale. Soprattutto nei toni. Tanto che a rivaleggiare con i comunisti italiani (quelli che andarono a incontrare con il loro segretario Oliviero Diliberto il leader di Hezbollah, Nasrallah) ormai cè solo lui: luomo che si è fatto fotografare in Libano, ai margini della guerra tra le milizie sciite e Israele, mentre passeggiava a braccetto con un deputato eletto proprio nelle liste di Hezbollah. Un gesto che sembrava azzardato per un leader neocomunista come Diliberto, e che quindi rasenta la spericolatezza per un auto-consacrato statista come DAlema. Al punto che un commentatore di politica internazionale come Andrea Romano, tra i più stretti collaboratori del leader maximo nella fondazione «Italianieuropei», arrivò a ipotizzare, in un editoriale su La Stampa, il sospetto che in queste scelte estreme ci fosse persino una punta di antisemitismo latente.
Certo, quando DAlema dice che «è ipocrita negare il dialogo con Hamas», non pensa al consenso, ma ad usare le idee come corpi contundenti.
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