Politica

Mastella avverte la Quercia: «Così perdiamo le elezioni»

Il leader dell’Udeur: «O la politica si tiene fuori dall’economia o si perde la fiducia della gente. I Ds non sono più puri degli altri»

Mastella avverte la Quercia: «Così perdiamo le elezioni»

Gianni Pennacchi

da Roma

«Nessuno chiede a Fassino di fare come Lula, però...». Ma sì, vada in tv a chiedere scusa come il presidente brasiliano, il segretario della Quercia, e se non va la smetta almeno di arroccarsi, si convincano al Botteghino che «la diversità berlingueriana» è un mito, basta con certe collateralità, è finito il tempo del «partito onnivoro». Il mare e il sole fan bene a Clemente Mastella, leader del Campanile, che ha le idee chiare e non fa sconti agli alleati: se non altro perché di questo passo «sfuma l’ipoteca sulla vittoria».
Dalla Margherita, qualche amico dei Ds le dà del «giustizialista ammuffito».
«Chi mi conosce sa che tutto sono, meno uno che tenta di diffamare o colpire gli avversari utilizzando elementi giudiziari».
Resta però il fatto «profetico» che prima ancora della pubblicazione delle intercettazioni Unipol, lei già ammonisse il segretario dei Ds.
«Ciò dimostra che la mia non è un’offensiva contro qualcuno, è un’azione preventiva per evitare che ci cadano addosso i detriti di una questione morale. Questione morale che i Ds cavalcarono negli anni Novanta, e che oggi altri potrebbero cavalcare».
Altri, chi?
«Altri... Oppure s’arriva ad una sorta di equazione nell’opinione pubblica che sviluppa una sfiducia in tutto e in tutti. Questo può portare all’indebolimento del centrosinistra, e quella che sembrava a molti un’ipoteca già acquisita sulla vittoria finale, rischia di sfumare. E se non ci muoviamo tempestivamente, con intelligenza, difendendo quel che va difeso ma prendendo le distanze da ciò che occorre, altro che vittoria! Bisogna stabilire un principio, sacro: la politica si tiene fuori, non c’è più spazio per la concezione dei partiti onnivori che tutto hanno, hanno le banche, hanno le assicurazioni, hanno tutto e tutti».
Basta col collateralismo, con le cinghie di trasmissione tanto care alla sinistra?
«Ma sì, è finito un mondo, è finita un’epoca. È tramontata ogni possibilità per quell’egemonia un po’ gramsciana dell’occupazione di spazi a nome e per conto nostro. La politica deve garantire spazi di libertà, e vigilare che all’interno di questi spazi le cose si facciano con grande serietà, sia che tocchino gli amici sia che tocchino gli altri».
È esagerato, dunque, l’arroccamento dei Ds?
«Ma sì, danno l’idea di una manovra contro di loro. Nessuno ce l’ha con loro e nessuno mette in discussione la moralità di alcuni di loro: però, come è sempre capitato, ci sono zone d’ombra, zone grigie sotto di noi, che utilizzano ognuno di noi per fare i propri affari. Di questo, anche i Ds devono rendersi conto. Così come devono rendersi conto che la diversità berlingueriana è scomparsa da tempo, loro non sono più puri e più bravi degli altri, sono come gli altri, siamo tutti uguali. C’è l’omologazione ai livelli alti e c’è quella ai più bassi, purtroppo».
Anche questa volta, stranamente, Mastella è d’accordo con Rutelli.
«Debbo dire che in questi ultimi tempi ho visto affacciarsi un Rutelli sulla politica che esprime idee condivisibili. Non condivido invece le idee di qualcuno dei suoi amici che dice cose strampalate».
Oltre al «giustizialisti ammuffiti»?
«Sì, anche questa accentuazione che fanno sulle primarie. Da chi pensano di recuperare voti, dai Ds? Va bene accontentare Prodi, ma non mi sembra proprio che la battaglia della vita sia in queste primarie. Vincere le primarie, per perdere dopo alle politiche? Sono preoccupato, perché i limiti di sopportabilità del sistema politico sono diventati forti, e c’è un rischio: se ci fosse una terza offerta sul mercato politico, oggi prenderebbe corpo».
Un’offerta centrista, magari con Casini?
«No, penso a qualcosa di diverso, un rifiuto di questo e di quello. Infatti lo pavento come rischio, non come opportunità. Ma questo rischio lo vedo con molta nettezza, e mi dispiace che gli altri non lo avvertano. Nessuno chiede a Fassino di fare come Lula, “chiedo scusa perché i miei amici hanno fatto cose sbagliate”. Nessuno chiede questo, anche perché allo stato non mi pare che ci siano azioni penalmente rilevanti da parte di chicchessia, però... Però c’è uno stato d’animo, un malessere tra la gente, che s’aspetta dalla classe politica comportamenti adeguati.

La gente s’aspetta proposte e azioni per sconfiggere il terrorismo, sul che fare per risolvere i problemi economici, ed è afflitta vedendo che noi difendiamo quel che talvolta non si può difendere».

Commenti