Mastella non trova Pacs con l’Unione

Rissa continua, è il motto che movimenta la vita dell’attuale governo. Il quale reagisce al coro discorde fra i dieci o undici partiti che lo compongono, ognuno dei quali determinanti, come dicono i cronisti politici bene educati, ricorrendo alla favola del lupo cattivo, che un po’ funziona sempre. E ha funzionato finora per la faccenda dei Pacs, anche se al momento non si capisce bene se il lupo cattivo è Berlusconi, o Clemente Mastella. Sta di fatto che nel primo dibattito alla Camera il timore per le sorti del governo ha indotto tutti i partiti a riparare sotto l’ombrello di un documento all’acqua fresca messo insieme dall’Ulivo. Il lupo cattivo ha spinto la sinistra estrema a mollare le posizioni più barricadiere presentate dai diversi partiti, ognuno dei quali vuol fare la sua figura laica, per fare mucchio sotto l’Ulivo all’insegna del meglio poco che niente.
Dall'altra parte, hanno fatto lo stesso i cattolici della Margherita, e i teo-dem, i Binetti, i Carra, i Bobba, dipinti dai laici come crociati della fede, o guardie svizzere, e indotti alla fine a votare anche loro per l’Ulivo, a scanso del peggio. E perfino i radicali nel senso di pannelliani, che pure sull’argomento diritti civili hanno decenni di storia da onorare, hanno sì presentato il loro documento che più laico non si può, ma al momento giusto lo hanno mollato, un ministero alla Bonino non è molto ma è meglio tenerselo.
Si è sottratta alla ammucchiata l’Udeur di Mastella, perché il ministro della Giustizia ritiene che il governo faccia male a mettere la faccia su una legge che finirà per dispiacere a tutti, meglio lasciare siano i parlamentari a sbrigarsela come è stato per l’indulto. A stupire in verità è che questa volta, a fare la figura del Cavaliere Solo della leggenda sia stato Clemente Mastella, fin qui conosciuto per altre virtù, la concretezza un po’ ruspante di trattare la politica in primo luogo. A spiegare una linea così ardimentosa è forse la speranza che, nel vuoto e nel fuggi-fuggi dei cattolici, il partito di Mastella finisca per assumere la funzione del defensor fidei. In effetti, nel voto alla Camera l’Udeur ha messo insieme, coi suoi voti che sono pochi, quelli dell’Udeur che sono un po’ di più, e quelli del Polo ramo cattolico, che invece sono tanti. Un bel risultato per chi capeggia un partito dell’uno e mezzo per cento.
In ogni caso, quel che manca al momento è proprio la legge sulla quale misurarsi. Le due ministre Pollastrini e Bindi incaricate di mettere nero su bianco e fatte segno a pressioni furibonde, laiche e cattoliche, si sono bloccate. E sono ricorse al consiglio del ministro Amato, il Dottor Sottile al quale si ricorre quando c’è da mettere mano nei garbugli: per scioglierli o per ingarbugliarli ancora di più, non si è mai capito.
E c’è chi dalla legge teme, come è per il mondo cattolico, che si voglia fare troppo, dando vita a una sorta di mostro giuridico che inserisca nell’ordinamento una simil-famiglia fonte di confusione. E c’è chi ritiene, al contrario, che ne venga fuori una pietanza scipita, che riduca il tutto a una sorta di anagrafe delle coppie, gay comprese. Fra i più scontenti sono gli omosessuali delusi nella aspirazione a un bel matrimonio alla Zapatero. Ma questo mondo, il mondo omosex, è più vario, e riserba ancora delle sorprese. C’è chi raccoglie firme per dire che la legge così come sarà è inutile e fa pure un po’ schifo.

C’è chi non ritiene la propria sorte di gay così misera, e vede con orrore una vita di coppia fatta della telefonata a casa al momento di buttare giù la pasta. È il caso di Paolo Poli, per il quale è un cattivo affare l’idea di barattare una condizione tanto chic per un piatto di lenticchie.
a.gismondi@tin.it

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