Mazzarella fa il castigamatti: «Milano, non ti riconosco più»

Inutile dire che ogni volta che si chiacchiera con Piero Mazzarella, ci si arricchisce di cultura e di grande spirito critico; come è superfluo ammettere che, dall'alto dei suoi 82 anni, il Maestro del teatro, di cinema e di vita racconta la verità. Stasera (ore 21) il mattatore darà voce e impeto a Milano..dove vai!!, spettacolo ideato dallo stesso Mazzarella con Walter Di Gemma che, con le sue musiche, accompagna le parole del depositario della tradizione meneghina e del teatro dialettale milanese. «Si tratta di uno spettacolo corredato di musiche, ma che potrebbe reggersi anche da solo», spiega l'attore. Aneddoti, poesie, racconti, monologhi: la città di Alessandro Manzoni, ma anche del Porta e di Emilio De Marchi si riveste di tradizione, quella che le nuove generazioni sembrano aver dimenticato: «Nel corso della mia storia ho visto Milano trasformarsi e ora mi sento in diritto di muovere delle critiche verso chi, senza ritegno, ha contribuito a questa tragica mutazione. Io sono solito raccontare la verità e sono certo che, se così non fosse stato, sarei stato molto più ricco», commenta con una punta d’amarezza. Così Milano..dove vai!!, tra liriche tratte dal folto repertorio di De Marchi e indimenticabili canzoni di Giovanni D'Anzi, rappresenta per Mazzarella l'ennesima occasione di sfogo. «Volevo che lo spettacolo si chiamasse Milano..perché!!, perché ti ho sempre amato e invece mi hai fatto questi scherzi; poi ho ripiegato su quest'altro titolo. Di quali scherzi parlo? Devo ammettere che io da Milano ho avuto tutto, a cominciare da un pubblico caloroso che anche oggi mi acclama. Ma, anche se tutto il mondo è paese, oggi il milanese si è trasformato sotto il potere della cosiddetta merda dul diavul, ovvero i soldi: l'uomo è una bestia e se vede un pezzo d'oro, diventa più bestia di prima. Ho senza dubbio un grosso difetto, ovvero che quando qualcuno sbaglia, io lo faccio notare. Quando a Lugano mi hanno chiesto di portare in scena Le 52 storie di Piero, ho voluto lavorare con una compagnia del posto, dove è diffusa un'altra mentalità, anche i giovani conoscono le buone maniere e sono abituati alle gerarchie; mentre a Milano i ragazzi si vogliono arricchire prima di imparare».

Ironico, critico, pungente, il mattatore meneghino, forse scomodo per qualcuno ma sempre molto richiesto dai teatri e capace di attarrre l’attenzione di un pubblico eterogeneo, anche quest'anno calcherà la scena del Piccolo Teatro, «con quello che mi chiederanno di fare, purché mi piaccia»!

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