Il meccanismo Le opere pubbliche sotto la scure del patto di stabilità

Il patto di stabilità, che punta a tenere sotto controllo l’indebitamento degli enti locali, si è abbattuto come una scure sui bilanci comunali. E tanti sindaci lombardi hanno dovuto rinunciare a numerosi progetti richiesti dai cittadini per rientrare nelle spese e far quadrare i conti di fine anno. Tuttavia il 15 per cento dei comuni della regione non ce l’ha fatta, non è riuscito a rientrare nei parametri del patto. Ha sforato i limiti non certo per sprechi o negligenza ma per pagare le aziende o completare investimenti per la realizzazione di opere attese dai propri cittadini. Dal 2003 al 2007 gli investimenti sono diminuiti del 18 per cento.
«Nel 2010 - spiega Ettore Fusco, sindaco di Opera, alle porte di Milano - gli ulteriori tagli ai trasferimenti avranno come effetto quello di veder aumentare il numero dei comuni che non rispetteranno il patto e un’ulteriore riduzione del 30 per cento degli investimenti».
In questo modo diventa difficile per tanti sindaci dell’hinterland «dare una mano alle famiglie in difficoltà e far ritrovare all’economia un po’ di slancio». Un conto sono i Comuni spreconi, un altro conto sono quelli che lavorano seriamente ma che non si vedono più arrivare risorse da investire. «Il patto di stabilità - spiegano i vertici dell’Anci - e i tagli ai trasferimenti mettono in seria difficoltà i sindaci.

Così non si riducono i veri sprechi ma si tagliano le risorse e, in alcuni casi, si impedisce di investire i soldi ancora a disposizione: manca un vero federalismo fiscale». Mentre i Comuni lombardi sono in ginocchio, al sud «continua la pacchia - accusa Attilio Fontana, presidente Anci - come dimostrano tutte le somme distribuite a Palermo, Catania e, di recente, al Comune di Roma».

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