da Borgio Verezzi
Saranno Caterina Vertova, insieme a Leonardo De Carmine e Miko Magistro, rispettivamente impegnati nei ruoli di Medea, Giasone e Creonte, a inaugurare, stasera alle 21.15 in Piazza Sant'Agostino a Verezzi con Medea di Seneca, la 40ª edizione del Festival Teatrale di Borgio Verezzi; a firmare la regia dello spettacolo inaugurale, Alberto Gagnarli.
È una Medea sola, quella delineata dalla lettura del regista, un'eroina circondata dall'incomprensione che finirà per ribellarsi a tanta solitudine vendicandosi nei confronti del marito Giasone - che le preferisce la figlia di Creonte -, uccidendone i figli.
Un'uccisione che, contrariamente alle regole del teatro classico, avviene in scena, sotto gli occhi del pubblico.
La scena (realizzata da Marina Luxardo), composta da quattro parallelepipedi di dimensioni diverse e da un tronco di cono, suggerisce un ambiente rarefatto richiamando i dipinti metafisici di De Chirico e le periferie urbane di Sironi; in questo ambiente deserto la donna Medea si aggira accompagnata dallo sperdimento e dalla solitudine.
I costumi di Ruben Schächter, ambientano l'azione in un tempo moderno, un tempo senza tempo e senza luogo, declinando in tonalità differenti i blu e i neri.
Afferma il regista, Alberto Gagnarli «il lavoro sulla Medea di Seneca è stato quello di delineare una figura di donna che si erge contro tutta la comunità di Corinto, desiderando soltanto di allontanare definitivamente la menade sanguinaria per riconquistare la tranquillità perduta. È la tragedia di una donna sola in mezzo ad uomini incapaci di capire e di sentire e quando la solitudine fa sì che l'ira si unisca all'amore, amore per Giasone, la violenza esplode con tutto il suo potere distruttivo. Medea è una donna che fin dall'inizio percorre la via della cieca vendetta che la condurrà all'orrore».
Accanto a lei i due uomini Giasone e Creonte, non sono in grado di capire: il primo, totalmente inadeguato, un uomo in preda ad una grande paura timoroso di perdere la sua tranquillità, abbandona Medea mostrando di non avere capito nulla della personalità della donna, e l'altro, il re Creonte, mostra la propria inadeguatezza nel non saper comprendere e neppure ascoltare le giuste recriminazioni di Medea. Due figure perdenti.
Un ritorno alle origini del Festival, questa Medea: l'apertura affidata a un classico la cui messa in scena di Gagnarli richiama sue passate presenze sul palcoscenico di Verezzi intorno agli anni '70, quando firmò la regia de Gli ingannati e L'alchimista; ma un ritorno alle origini anche attraverso la scelta di utilizzare una scenografia scarna, non invasiva, che lascia in totale evidenza la struttura della piazza con la chiesa di sant'Agostino a far da sfondo ideale ad un mito fra i più affascinanti e dolorosi della storia. Verezzi/Corinto: uno spazio unico e sovrapponentesi che richiama l'arte teatrale delle origini, quando i luoghi dell'azione si creavano nella testa dello spettatore.
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