di Severino Antinori*
Ho sentito molto discutere, in questi giorni, di ginecologi boxeur che si sono resi protagonisti, in sala parto di ripetuti eventi tragici ai danni delle partorienti e dei neonati.
Premesso che ho una quarantennale esperienza di ostetricia, con migliaia e migliaia di parti eseguiti in tutto il mondo, con buon esito, mi permetto di fare alcune considerazioni su quanto si sta verificando e che non è solo indecoroso perché si sta mettendo in gioco la professionalità della classe medica, ma è soprattutto lesivo della salute dei pazienti, donne e bambini.
Di chi è la colpa? Di certo il degrado del sistema universitario e delle scuole di specializzazione ha giovato a questo abbandono della professionalità, consentendo ai giovani di conseguire la laurea facilmente e ancor più facilmente di ottenere una specializzazione. Di certo la riforma del Servizio sanitario nazionale, grazie all’ex ministro Bindi, ha alimentato il fenomeno della burocratizzazione della classe medica con lo svilimento e l’appiattimento della professionalità del medico, così come avvenne nei regimi comunisti del passato.
I direttori generali delle Asl, impegnati ad amministrare il potere più che la salute dei pazienti come ha affermato Feltri, nominano primari e vice persone professionalmente pessime o comunque di nessuna esperienza, per raccomandazioni e motivi politici.
Le vecchie scuole accademiche di ginecologia e ostetricia italiane erano, insieme a quelle di ortopedia e di oculistica, di rinomanza internazionale. Oggi la situazione è drasticamente peggiorata al punto che a Roma, l’Università Tor Vergata e il Sant’Andrea mancano di sale parto e alla Sapienza qualche anno fa venne nominato direttore di cattedra di Ginecologia un anestesista; ciò che comportò una serie numerosa di danni alle pazienti. Oggi fortunatamente la situazione è cambiata perché è stato nominato un direttore valido, il professor. Benedetti Panici.
So che si sta prospettando l’istituzione di una Commissione parlamentare per la creazione di «Punti nascita. Quanto alla diatriba «parto naturale o parto cesareo», non bisogna enfatizzare né l’uno né l’altro. Non dimentichiamo che l’Italia è uno dei pochi paesi al mondo in cui il ginecologo è passibile di azione penale. Questo è uno dei motivi che spingono il medico a porsi sulla difensiva e a praticare il parto cesareo. A tal riguardo chiedo che venga abolita l’azione penale e lasciata la sola azione civile di risarcimento.
È la perizia del ginecologo a determinare la scelta o dell’uno o dell’altro. È ovvio che in casi di distacco placentare, sofferenza fetale, posizione fetale anomala, sproporzione feto pelvica eccetera si impone il ricorso al parto cesareo, onde evitare danni irreversibili al feto e alla madre, come occorso a Reggio Emilia qualche giorno fa, dove si è esasperato il ricorso al parto naturale aspettando tre giorni prima di intervenire. E giunge ora notizia di un altro bimbo in coma per danni procurati dal prolungato ed esasperato parto naturale, probabilmente frutto del clima di paura che si è instaurato a seguito della discussione mediatica, dove anche alcuni soloni della medicina, ma non ostetrici, hanno sproloquiato criminalizzando il ricorso al taglio cesareo.
Quanto ai rischi del parto cesareo posso tranquillamente affermare che i rischi sono minimi.
*Presidente Associazione mondiale medicina della riproduzione
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