Quando nel 1990 uscì il libro in cui raccontava la sua storia, Tutto il pane del mondo (Bompiani), di anoressia in Italia nemmeno si parlava.
Fabiola De Clercq diffuse per la prima volta il nome di questa malattia e divenne in breve tempo uno dei fenomeni mediatici del momento: il libro vendette centinaia di migliaia di copie, Fabiola rilasciò centinaia di interviste. Dopo un anno fondò l'associazione Bulimia e Anoressia (Aba) con una sede a Milano, dove vive da quindici anni, e una a Roma.
L'Aba fu la prima associazione in Italia ad occuparsi di informare, prevenire, fare ricerca e curare queste patologie del comportamento alimentare. Oggi l'Aba ha diciassette centri associati in tutta Italia - il prossimo aprirà il 2 giugno a Lugano - e 140 psicoterapeuti che vi collaborano. Fabiola è stata consulente per il ministro Prestigiacomo e oggi lo è per Giovanna Melandri.
Tutto questo dopo che Fabiola ha trascorso vent'anni come anoressica e bulimica. Vent'anni in cui quando stava bene pesava ventisei chili. Vent'anni in cui, proprio come la protagonista del libro di Panza, ha attraversato percorsi terapeutici totalmente inadeguati. Erano anni in cui chi aveva questa malattia soffriva di forte isolamento, profonda vergogna e scarsa possibilità di reperire informazioni per la cura.
Dunque, di anoressia si guarisce, Fabiola?
«Totalmente e completamente. Ma bisogna entrare nella logica di curarsi subito. Senza aspettare nemmeno una settimana. Perché guarire si può: in diciassette anni di lavoro ho visto centinaia di casi di donne anoressiche guarite, felicemente sposate e madri di tre bambini».
Qual è la chiave psicologica per salvarsi?
«Bisogna uscire dalla logica della sopravvivenza - spiega la De Clercq - e arrivare alla convinzione di vivere pienamente la propria vita di donna. Che non significa solo mangiare. Mangiare è poco rispetto a quel che conta davvero: innamorarsi e costruire il proprio futuro».
Rispetto a quarant'anni fa che cosa è cambiato?
«La medicina ha fatto passi da gigante. Le strutture, a partire dalla nostra, si sono moltiplicate, anche e soprattutto in città come Milano. Ma la sensazione è che ci siano ancora resistenze alla cura psicologica. Quando una figlia ha mal di denti la si porta dal dentista, ma quando ha un male di vivere che manifesta attraverso il digiuno forzato - perché le anoressiche sono affamate che pensano continuamente come mangiare per poi rifiutare di mangiare - ci si impietrisce e si volta la testa dall'altra parte. Queste patologie sono dieci volte più presenti, ingombranti e pericolose della tossicodipendenza degli anni Settanta. Il fenomeno è sottostimato: lo dimostra il fatto che ogni volta che riusciamo a diffondere il numero verde Aba, rileviamo picchi di chiamate.
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