da Milano
Il patto tra i grandi soci di Mediobanca vacilla? Niente affatto: rimarrà invariato fino alla scadenza naturale, fra un anno. Ma anche in vista di quella scadenza l’interesse attuale dei grandi soci di Piazzetta Cuccia è quello di mantenere gli equilibri in essere.
I punti interrogativi sull’accordo che riunisce i grandi azionisti di Mediobanca e raccoglie il 54% del capitale della banca d’affari sono nati in queste settimane, quando prima Fiat e poi Pirelli hanno ipotizzato di cedere le loro quote nel patto, entrambe dell’1,8%.
Due mosse mirate a concentrare le risorse sui rispettivi core business, sacrificando un legame storico ma non più necessario. In questo caso le porte del patto si potrebbero aprire a nuovi soci industriali, come ad esempio i Benetton, appena entrati nel capitale di Rcs (Corriere della Sera) e già soci di Pirelli in Telecom. Ma le indicazioni che arrivano dagli ambienti vicini al finanziere francese Vincent Bollorè, alla guida dei soci francesi dell’istituto (anch’essi nel patto) tendono a escludere nel breve periodo l’ipotesi Benetton.
«In ogni caso - secondo fonti interpellate dall’agenzia Ansa, che sottolineano la disponibilità degli azionisti esteri a fare la loro parte - c’è un diritto di prelazione da parte degli altri soci del patto e l’ingresso dei Benetton non è all’ordine del giorno. Escludiamo comunque di ridiscutere il patto prima della scadenza, quando usciranno forse alcuni piccoli soci. Le grandi banche, Unicredit e Capitalia, e gli azionisti francesi in questi anni hanno garantito un equilibrio che vogliamo preservare». Anche su Generali, di cui Mediobanca è primo socio con il 14%: «Anche su Trieste l’interesse di tutti, compresa Intesa, è di mantenere lo status quo».
È stato il numero uno di Pirelli, Marco Tronchetti Provera, a sottolineare che l’1,8% detenuto (anche attraverso Consortium) in Mediobanca, insieme a un altro 1,8% che fa capo a Telecom, rientra nel programma di dismissioni delle partecipazioni non strategiche da 400 milioni da chiudere entro l’anno. Mentre Fiat avrebbe messo sul piatto la sua quota, come possibile garanzia su parte del pagamento per il riacquisto del 29% della Ferrari da concludere entro il 30 settembre.
L’impressione è che nessuno, in questa fase, voglia buttare benzina sul fuoco del possibile «risiko» intorno alle Generali.
Piuttosto bisognerà aspettare altre mosse. Quelle, per esmpio, delle banche azioniste. O addirittura quelle delle Generali, che da tempo pensano a una grande operazione sul mercato.
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