Un megafono per le periferie senza voce

«Hic manebimus optime». La frase è di Tito Livio e la si trova nella sua monumentale Storia di Roma («Ab Urbe condita»), ch’era di 142 libri, di cui ce ne sono rimasti solo 35. La segnaliamo a Formigoni, ch’è certamente il miglior governatore in Italia. Che la politica ce lo conservi.
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Ha detto Veltroni della Moratti: «Non ha stile». E del suo stile che direbbe Marc’Aurelio, che stando da secoli a cavallo sul Campidoglio osserva da sette anni un sindaco dedito più al cinema che ai problemi della sua città? Che il successore, chiunque sia, non lo imiti.
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Domanda di Libero all’ex sindaco Albertini: «Ha mai pensato a qualche incarico romano?». Risposta piena di saggezza meneghina: «Tra ministeri, sottosegretariati e altri incarichi, i posti a Roma sono sessanta, e i candidati migliaia».
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C’è la voce che si voglia chiudere le scuole serali gestite dal Comune. Sarebbe una bestialità. Si ha un’idea di quanto quelle scuole hanno fatto per la cultura a Milano?
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«Periferie senza voce», scrive sul Corriere Armando Torno. E Paolo Del Debbio, filosofo ed ex assessore: «Letizia non deve dimenticare le periferie». Ci uniamo all’appello, che per primi molti anni fa lanciammo proprio da questa rubrica.

Ma «omnia fert aetas», il tempo divora tutto, come dice Virgilio.
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Titolo della nostra cronaca giorni fa: «Quando il cabaret era una cosa seria». Ma ora il cabaret è sceso in politica. Povera politica nelle mani di Grillo.

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