MEGLIO ALL’ESTERO

di Annibale Castelli

La scuola italiana, università inclusa, anzi, soprattutto l’università, non insegna quasi sempre un tubo di utile al mondo del lavoro. Appena ci arrivi capisci che devi ricominciare da zero. Ma dovrebbe spiegarti la vita. E qui ti spiega subito come girerà. I fantomatici super-ingegneri che sbancheranno e sbarcheranno agli Erzelli mi presentano curricula con l’inglese a livello di «the cat is on the table» tralasciando gli strafalcioni di italiano che non servirà per il calcolo degli vettori ma aiuterebbe a farsi capire. Eppure la nostra sQuola una cosa la insegna bene. L’arte italica di arrangiarsi. È da lì che nasce il popolo tricolore ed è per questo che quando un nostro si trova ad Harvard o a Yale li ammazza tutti. In una massa di tronfi aristogatti lui è un sordido ratto furbissimo.

Uno parte da Alessandria in pieno inverno sotto la neve alle 5 del mattino, supera lo sciopero dei bus, il treno puzzolente in ritardo, arriva a Principe, si scapicolla a cambiare treno tutto sudato rischiando la bronchite, scende a Cornigliano, inforca i ramponi, si arrampica sul ghiaccio fino al polo tecnologico high-tech per l’esame e scopre che cucù, il professore ha deciso di non venire senza preavviso e senza neppure una telefonata in facoltà (anche perché i soldi per i telefoni sono finiti col trasloco) quindi la sessione d’esame è rinviata. A quando? Boh! E chi lo sa. (Erzelli a parte a me è capitato più volte). Eppure questo tizio riesce a laurearsi!

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