«Meno male che Penati non ha le chiavi della Scala»

Dapei (Fi): «Nessun rispetto per le istituzioni». Alboni (An): «Perché ora la sinistra non dà il Comune ai leoncavallini?»

Una pioggia di critiche dal mondo politico sulla decisione del presidente della Provincia Filippo Penati di aprire, mercoledì notte, le porte di Palazzo Isimbardi agli ex occupanti di via Lecco. Ha parlato di «demagogia e non solidarietà» il capogruppo di An in Provincia Paola Frassinetti, mentre Fabio Meroni, capogruppo della Lega, ha accusato Penati di essere «il mandante morale dei tafferugli» che ieri mattina si sono innescati tra gli immigrati e i poliziotti. «Se solo avesse voluto - commenta il capogruppo di Forza Italia, Bruno Dapei -, Penati avrebbe potuto mettere a disposizione alloggi molto più dignitosi della sorda e grigia aula consiliare, da lui trasformata in bivacco per disgraziati e palcoscenico per la sua vanagloria. Meno male che non ha le chiavi della Scala». Penati «continua a considerare l’istituzione Provincia come se fosse casa sua, in totale disprezzo delle regole e dei simboli delle istituzioni», sostiene anche il consigliere provinciale di An, Giovanni De Nicola.
Duri attacchi al presidente della Provincia anche dalla Cdl in Regione. Il capodelegazione della Lega Nord, Davide Boni, lo ha definito «un gesto vergognoso e demagogico», mentre il capogruppo di An, Roberto Alboni, si chiede se «dopo aver trasformato una sede istituzionale e il sagrato del Duomo in un bivacco, i “compagni”, nella remota eventualità di vincere le elezioni, abbiano in mente di aprire le porte del Comune ai leoncavallini tuttora in cerca di una sede». Parla di «comportamento inaccettabile di Penati» il coordinatore regionale di Forza Italia Maria Stella Gelmini. «ha strumentalizzato il disagio - aggiunge - per persone per le quali il Comune aveva già trovato una sistemazione al caldo».
A difesa del numero uno di Palazzo Isimbardi si schiera il segretario milanese dei Ds Franco Mirabelli, secondo il quale «la mediazione avanzata da Penati è di tutto il centrosinistra», e parla di «incapacità del Comune ad affrontare la situazione e prevenire l’emergenza». Anche l’Unione milanese sferra un attacco alla giunta Albertini, e parla di «disastro annunciato», perché «c’erano sia il tempo sia le risorse per mettere a punto piani di accoglienza credibili, considerato anche lo stanziamento di un milione di euro dalla presidenza del Consiglio dei ministri del 7 dicembre scorso». Andrea Fanzago (Margherita), Emanuele Fiano (Ds), Gianni Occhi (Prc), Sandro Antoniazzi (coordinatore opposizioni) e Basilio Rizzo (Miracolo a Milano) sostengono che «la strategia della Giunta è quella di disgregare il fronte dei rifugiati, prendendoli per freddo e stanchezza e obbligandoli così ad accettare le proposte dell’amministrazione».
Mentre le trattative proseguono per tutta la giornata la Cisl si «tira fuori» dalla questione, che «sta diventando troppo ideologica». Il segretario milanese del sindacato, Fulvio Colombo, boccia «la rigidità del Comune» ma anche «l’atteggiamento di qualcuno che ha voluto cavalcare la protesta, fornendo anche informazioni errate ai rifugiati». L’ex prefetto e candidato per l’Unione alle comunali, Bruno Ferrante, parla di «fallimento della giunta milanese e della sua capacità di gestione dei problemi. Il governo delle società complesse richiede equilibrio, capacità di gestione dei problemi, ricerca di soluzioni condivise». «Fortunatamente siamo tornati al punto di partenza - commenta invece il capogruppo milanese di Fi Manfredi Palmeri, quando finalmente in serata gli immigrati accettano la soluzione del Comune -.

La validità delle proposte è provata dal fatto che chi aveva veramente bisogno di prima assistenza aveva già accettato di raggiungere le strutture messe a disposizione. Quella di Penati era una strada a vicolo cieco, finte mediazioni che andavano bene per le pagine dei giornali, non per risolvere i problemi».

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