Allora signor Mario Di Domenico, è sua la firma su quellatto dellassemblea dei soci dellItalia dei Valori stilato a Busto Arsizio il 31 marzo 2003?
«La firma è mia, ma io non lho messa».
E comè possibile?
«Non lo chieda a me. Rivolga la domanda a Di Pietro, o alla tesoriera del partito, Silvana Mura».
Lo abbiamo fatto. Silvana Mura dice che la firma è sua al cento per cento.
Risata. «Ah, dice così? Bene, vi spiego il gioco delle tre carte che ha permesso a Di Pietro di approvare il bilancio, lindomani di costituire la famosa immobiliare Antocri, e quindi di poter accedere ai soldi, tanti, previsti dal finanziamento ai partiti. Cominciamo dalla fine: al gip, Di Pietro ha depositato un atto che in qualsiasi altro procedimento avrebbe valenza zero. E cioè ha spacciato una mia vecchia presa visione atti su unipotetica bozza ancora da approvare, per il documento definitivo approvato dai soci presenti il 31 marzo. Io non solo non ho mai messo piede a Busto Arsizio in vita mia ma ho molte persone pronte a testimoniare che io quel giorno ero a Roma».
Lo ha detto al gip quando è stato ascoltato nelludienza camerale?
«Certo. E ho pure portato le prove documentali».
Quali?
«Alcuni fax che da Roma ho inviato ad Antonio Di Pietro a Busto Arsizio, e che ho depositato in Procura. Vado a memoria: uno riguardava il retroscena dellaccordo appena stipulato con i partiti del centrosinistra per il candidato unico alla Provincia di Roma, Enrico Gasbarra. Un altro trattava di una diatriba che era in corso tra me e il coordinatore Gennaro Cerasuolo. E poi se ero a Busto Arsizio - come dice Di Pietro e come viene attestato su quellatto - che bisogno cera di fargli un fax da Roma?».
Ma se quello che lei dice è vero...
«Qualsiasi giudice, come ha ricordato il mio avvocato Ruggiero, per dirimere una controversia simile non si accontenterebbe mai di una fotocopia, per di più senza data. Perché lItalia dei Valori non deposita loriginale? Dirò di più. Anche dalla fotocopia è facile scoprire il bluff: cè la mia firma, ma non quella di Di Pietro (presidente) e della Mura (segretario). Eravamo tre soci, comè possibile che figuri solo il meno importante, cioè io? Ai sensi di legge, poi, dovrebbe esserci il bollo notarile in ogni foglio che, stando al documento prodotto in Procura, non cè. Eppure, in un processo collegato, il 407050/05, Di Pietro ha detto di avere tutte le scritture contabili in ordine».
Perché i suoi ex compagni avrebbero fatto il gioco delle tre carte?
«Ero diventato una persona non gradita avendo iniziato a criticare la gestione del patrimonio o fondo comune dellassociazione Italia dei Valori. Ecco perché non mi hanno convocato, facendo però risultare lo stesso che ero lì. Ecco. Voglio giustizia, esigo loriginale. Se poi ho calunniato Di Pietro, che mi processino domani mattina. Ma se non è così...».
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