Ossessionati dal premier e dalle indagini sul
centrodestra (P4, P3 bis, voto di scambio all’estero, le frequentazioni
del Cavaliere con Sara Tommasi, Cosentino e i casalesi, Cesaro alla
provincia, Caldoro indagato per epidemia colposa, i filoni sui
consiglieri del Pdl, prima ancora Saccà e le starlet televisive,
eccetera) i pm napoletani sembrano dimenticarsi di tutto il resto.
I dati scioccanti dell’Antimafia, delle forze di polizia, delle
camere di commercio, delle associazioni antiracket raccontano di una
città ostaggio della malavita ( oltre 100 clan)per un giro d’affari
da decine di miliardi.
L’ultima analisi semestrale della Dia è
impietosa nonostante si rifaccia ai soli reati denunciati (dato che non
corrisponde ai reati effettivamente consumati pari al doppio se non al
triplo). Offre uno spaccato che la dice lunga sullo stato dell’arte a
Napoli e nel suo hinterland.
OLTRE CENTO CLAN PER UN MARE DI COCA
Come diretta conseguenza di una pax camorristica dovuta al riequilibrio
delle forze in campo uscite malconce dalle guerre fratricide (su
tutte quelle fra clan Di Lauro e Scissionisti) e dallo smantellamento di
alcune importanti famiglie a causa dei pentiti, gli omicidi
risultano in calo. «Solo» 68 rispetto ai 106 dell’anno precedente
secondo i dati forniti dalla corte d’Appello di Napoli e spacciati
per un successo della magistratura quand’invece non tengono conto
delle dinamiche sotterranee di una criminalità camaleontica che si
riproduce a ciclo continuo. Gli analisti della Dia, per dire, non
esultano nemmeno un po’ posto che la camorra nel 2011 incassa utili
per 13 miliardi di euro (di cui oltre otto e mezzo dalla vendita
degli stupefacenti) e ad oggi «ha svariati elementi di criticità»
in uno «scenario fluido e instabile» che potrebbe sfociare, nella zona
nord,in una nuova guerra.L’ultimo omicidio di tre giorni fa conferma
che gli equilibri nell’area nord di Napoli sono nuovamente saltati:
si va verso una nuova faida, come quella del 2004 tra Di Lauro e
Scissionisti. Il continuo sequestro di armi e munizioni (un attentato è
stato sventato tre giorni fa, il 25 settembre, con il ritrovamento in
un tombino di un lanciarazzi anticarro a San Giovanni a Teduccio)
indica che i gruppi criminali si stanno di nuovo armando per
combattere. Il più aggiornato screening sulle famiglie camorriste
«operative» quantifica in 39 clan e 6 gruppi minori in città oltre a 41
clan e 17 formazioni di secondo livello dei dintorni più prossimi. E
ancora. Nell’ultimo anno lo spaccio di droga, in centro e in periferia,
secondo le statistiche dell’«Osservatorio
sulla criminalità» è cresciuto del trenta per cento. Addirittura il
310 per cento in più a Scampia, «un mondo a sé», l’ha definito il
presidente dell’associazione Noi Consumatori, Angelo Pisani,
«perché, nonostante la fine della guerra di mafia, è diventato un vero
e proprio fortino blindato, nella sua più fiorente attività
redditizia: lo spaccio».
IMPRESE STROZZATE ED ECONOMIA MALATA
Se l’economia napoletana è malata terminale la ragione è da ricercare
nel cancro camorristico che infetta e manda tutto in metastasi.
Sfogliando il rapporto della Camera di commercio della provincia di
Napoli, su un campione base di 500 imprese, il 30 per cento degli
addetti ai lavori considera «determinante» il ruolo che la criminalità
organizzata ha sul territorio. I clan imperversano nell’edilizia
(58,9 per cento), nel commercio (32,3 per cento), nei lavori pubblici
(33,3 per cento) per un ritorno economico del 34 per cento sul totale
fatturato dalle imprese. A detta del
generale della Guardia di Finanza, Giuseppe Mango, l’evasione
fiscale ai piedi del Vesuvio cresce ormai vertiginosamente. Per non
parlare dell’evasione dell’Iva (45%) e dell’Irap per oltre 60
milioni di euro. I portabandiera sono i colletti bianchi e i liberi
professionisti, i miliardi di euro sottratti a tassazione (quelli
scoperti dalla finanza, sia chiaro) ammontano a 2,6 miliardi di euro.
La cifra reale è dieci volte superiore. Non solo la grande
evasione: l’emissione dello scontrino nei bar e nei negozi a Napoli è un optional. Su 34.966 controlli, solo il 60 per cento è risultato in regola.
L’USURA IMPERVERSA MA FA POCO NOTIZIA
La piaga delle piaghe, quella col minor numero di denunce, poco
perseguita dall’autorità giudiziaria, riguarda il fenomeno dell’usura.
Il rapporto dell’associazione «Sos Impresa- Confesercenti »
posiziona la Campania (e Napoli la fa da padrone) fra le regioni col
più alto numero di commercianti vessati dagli strozzini: 32mila le
vittime presunte, un terzo dei titolari di attività commerciali, un
costante versamento di liquidi per interessi anche del 300 per cento,
pari a un giro d’affari che sfiora i tre miliardi di euro l’anno.
Nell’apposita «mappa della delittuosità nelle province italiane» Napoli è
assolutamente in testa per quanto riguarda le
truffe e le frodi informatiche (5.301), la ricettazione (1.451) le
estorsioni (294). Il «Comitato di solidarietà delle vittime dell’usura
» nel 2010 ha raccolto appena 61 domande su 84 presentate da vittime di
estorsioni (deliberando un ristoro per 4 milioni di euro) mentre
per l’usura le domande accolte sono state 20 su 51. In crescita l’usura mordi e fuggi, con la restituzione dei prestiti, rincarati da interessi folli, entro le 48 ore successive.
IL FALSO FA GRANDI AFFARI MA IN PROCURA NON È DI MODA
Il gigantesco business della contraffazione (vestiti, scarpe, utensili,
farmaci) è poco perseguito dalla procura nonostante l’invasività del
fenomeno visibile a ogni angolo di strada stia portando, scrive la
Dia, a «pesanti conseguenze negative in termini di fatturato e di
immagine per le imprese produttrici e di distribuzione. La
problematica si riverbera sull’erario con riferimento al mancato
versamento delle imposte sui redditi e dell’Iva e si riflette sul
mercato del lavoro, traducendosi in danno occupazionale, perdita di
posti di lavoro e incremento della manodopera al nero e/o clandestina,
nonché in mancati investimenti dei
produttori stranieri che non sono interessati a investire in paesi
ove la contraffazione è dilagante». La catena illegale di distribuzione
delle griffe false prevede la vendita porta a porta, attraverso
migliaia di ambulanti, per corrispondenza, tramite internet «ma
anche lo smistamento attraverso le grandi catene commerciali che pongono in vendita prodotti
falsificati accanto a quelli originali». Le aree del falso industriale
resistono e si ampliano ai Quartieri Spagnoli, a Ottaviano, Palma
Campania, Terzigno e San Giuseppe Vesuviano. In materia di
contraffazione, invece, picchi registrano a Ponticelli e Barra San
Giovanni (250% in più) e nella zona del porto (+ 120%).
I DATI CONFERMANO: È LA PATRIA DI FURTI E SCIPPI
Rubare una macchina, a Napoli, è come bere un bicchier d’acqua.
Nessuno può sorprendersi, dunque, se in Campania le statistiche
evidenziano in oltre 20mila l’anno i furti di auto (moto e motorini
ancora di più) come testimoniato dai dati incrociati fra Viminale,
Viasat, Aci e rivista Quattroruote .
Solo a Napoli l’ultimo rilevamento conteggia in 14.908 le vetture
portate via: più di quaranta auto al giorno, due vetture l’ora. Altro
dato sconcertante riguarda i colpi negli appartamenti privati che
quest’estate hanno raggiunto vette incredibili nei quartieri collinari
(il 25% in più rispetto a l’anno scorso) con 1.200 case svaligiate a
fonte delle 900 «ripulite» l’anno precedente. Se è vero che il trend
degli scippi appare in leggero calo, negli ultimissimi giorni le
forze dell’ordine registrano un’impennata di «strappi» di orologi,
anelli, bracciali e catenine dovute al prezzo dell’oro salito
vertiginosamente. Crescono i furti con «spaccata » (distruzione
della vetrina e asporto della merce esposta) e i cosiddetti «cavalli di
ritorno» (furto di un’auto,richiesta di mille o duemila euro per
riaverla indietro).
VARIE ED EVENTUALI: LE ILLEGALITÀ DIFFUSE
Sono tanti i campi dove la magistratura non incide come dovrebbe.
L’abusivismo edilizio è straripante. E restando al tema «case», poco
si fa contro i boss che decidono l’assegnazione degli alloggi di
edilizia popolare nei rionighetto di Scampia, Secondigliano, San
Giovanni a Teduccio, Barra e Ponticelli. Che dire poi della piaga delle
baby gang. O delle mafie straniere, specie quella albanese e
nigeriana.
L’illegalità diffusa raccontata con amarezza dal presidente
della corte d’Appello, Antonio Buonajuto (abusivismo commerciale,
parcheggiatori abusivi e via discorrendo) va di pari passo alla
gigantesca offerta della camorra di servizi criminali all’apparenza
legali, così ben descritta anche dal rapporto ecomafia di Legambiente.Il
quadro d’insieme fa paura. Ma è nulla al confronto con le
performance sessuali del nostro presidente del Consiglio.
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