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È il mercato che aiuta il clima non l'ideologia

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È il mercato che aiuta il clima non l'ideologia

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La direttiva sulla Casa Green approvata pochi giorni fa a Bruxelles è l'ennesima dimostrazione dell'invadenza dell'Unione europea nelle politiche dei singoli Stati e soprattutto di un attacco senza precedenti alla proprietà privata e alla libertà di disporre del proprio patrimonio come meglio si crede. Un unicum per un sistema politico che si dichiara democratico e liberale.

Apparirà incredibile per molti, il capitalismo e lo sviluppo da esso generato sono il miglior antidoto all'inquinamento. In un libro da poco pubblicato da Liberilibri, Non è ancora la fine del mondo. Una visione pratica e ottimista del dibattito sul clima, l'autore Vince Ebert scrive, dati alla mano: «I Paesi economicamente più liberi hanno anche i punteggi più alti nell'indice di sostenibilità ambientale. I Paesi economicamente meno liberi sono quelli che hanno anche i valori peggiori di sostenibilità ambientale. Da un punto di vista ecologico, il capitalismo non sembra essere il problema ma la soluzione». La prefazione a questo testo è di Mario Abbadessa, ceo di Hines Italia, un gruppo di sviluppo immobiliare tra i più importanti al mondo che sta ridisegnando il volto di Milano. Basta leggere le sue parole per rendersi conto di quanto sia insensata una direttiva come quella sulla Casa Green: «Chi ha un prodotto net-zero-carbon è più virtuoso sul mercato rispetto a chi realizza un prodotto obsoleto. Ciò indica che la libera domanda del mercato richiede agli operatori maggiore sostenibilità ambientale. In sintesi, il mercato aiuta l'ambiente. Per questo oggi si può dire che è scontato che un investimento immobiliare non inquini. I nostri prodotti devono essere sostenibili a livello energetico altrimenti non attrarranno affittuari, tantomeno acquirenti».

E poi Abbadessa spiega come le politiche calate dall'alto non siano in alcun modo in grado di fare l'interesse dei cittadini che sono bersaglio di quei provvedimenti: « Dobbiamo rispondere alle esigenze che vengono dalla città stessa, prima ancora che a direttive calate dall'alto, direttive che a volte seguono linee puramente ideologiche e non comprendono pienamente le dinamiche di mercato. Ciò va di conseguenza a discapito non di chi possiede di più, ma di chi ha di meno. La sostenibilità non si raggiunge con un bollino imposto da un ente governativo né con regole che decretano di essere sostenibili. Dobbiamo quindi lavorare come comunità per rendere questa sostenibilità veramente sostenibile, soprattutto socialmente, altrimenti rischiamo di favorire la spaccatura della società».

Ecco il pericolo anche sociale, non solo economico e politico, di una direttiva assurda e ideologica come quella sulla Casa Green.

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