Fabrizio de Feo
da Roma
LUnione, alla prova del voto, dimostra una buona tenuta e vota «in solitaria» Giorgio Napolitano presidente. La sfida lanciata dalla Lega - «vediamo se ce la fanno da soli» era stata la parola dordine del giorno prima - insomma cade nel vuoto. Ma dentro il Carroccio il sentimento dominante è quello di una generale soddisfazione. «Ha vinto la nostra linea: quella della fermezza, quella contraria a inciuci di ogni tipo, agli accordi sotto banco» spiegano i parlamentari lumbard. «Lelettorato è con noi. E questa posizione pagherà già alle prossime amministrative, magari a scapito di An».
La carta della chiarezza è quella che la Lega si vanta di aver giocato in questa partita, evitando bluff di ogni tipo. Una trasparenza rafforzata dalla decisione, arrivata nella tarda serata di martedì, di sfilarsi dalla scelta della Cdl di votare scheda bianca per convergere sulla preferenza per Umberto Bossi. Un modo per dimostrare plasticamente la compattezza dei gruppi parlamentari leghisti, rendendo le schede riconoscibili.
La linea della «distinzione» dagli altri partiti del centrodestra peraltro viene condita da un altro strappo: quello di Roberto Calderoli che «disconosce» Giorgio Napolitano come presidente della Repubblica. Il motivo? «Ci sono 70, fra deputati e senatori, sub judice, anzi sarebbe meglio chiamarli abusivi». Secondo lesponente del Carroccio, si tratta di un «risultato scarso, decisamente sotto le aspettative. Napolitano, per poter essere un vero presidente avrebbe dovuto prendere almeno 70 voti in più rispetto a quelli richiesti, perché 70, fra deputati e senatori, sono quelli che sono ancora sub judice, vale a dire coloro che sono qui solo in funzione dei brogli elettorali. E se non dovessero essere confermati, saremmo ampiamente al di sotto del quorum. Per quel che mi riguarda non cè il numero legale».
Roberto Maroni adotta, invece, una linea più morbida. «Al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ho espresso le congratulazioni a nome della Lega, nella mia veste di capogruppo, quindi in maniera istituzionale. Abbiamo vinto la nostra battaglia mantenendo unita la Cdl. E per noi questo era importante visto che dovevamo farlo perché vogliamo vincere la battaglia referendaria». Maroni punta il dito contro le «doppiezze» diffuse tanto nellUnione quanto nella Cdl. «Il loro vero candidato era DAlema, evidentemente non sono riusciti a eleggerlo per problemi interni, non potevano pensare che fossimo noi a eleggerlo. Questa vicenda dimostra anche la fragilità del centrosinistra che non è stato unito su DAlema». Poi la stoccata ai centristi del centrodestra.
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