Messina e un poker da Campioni «Soltanto Mosca mi dà fiducia»

«Mi piace lavorare dove decidono in pochi. E mi hanno aspettato»

da Madrid

La tifosa russa in lacrime cade dall'affollatissimo carro del vincitore, ma protegge la ceramica che ha comperato per lui. La famiglia dell'Armata protegge Ettore Messina, gli vuole bene alla maniera russa, anche se non riesce ad abituarsi al bacio in bocca, non lo ha mai fatto da giovane rampante, non deve adattarsi adesso che è entrato nella grande storia vincendo la quarta coppa dei Campioni in carriera, due con la Bologna virtussina, due con il Cska. Gli piace l'atmosfera del parco che una volta si chiamava Lenin, gli piace la vita difficile e nella scelta di restare in Russia c'è l'uomo, c'è il Tancredi siciliano-veneto, ruvido e maniacale, uno che ci ha fatto piangere quando alla fine della vittoriosa partita sul Maccabi, sesto titolo per l'Armata ora seconda soltanto dietro al Real, è corso verso la tribuna per abbracciare madre, sorella, moglie e cognata, uniti nel ricordo di Attilio appena perduto, il fratello bruciato in un mese dalla malattia carogna.
Messina e la sua coppa, ma anche la sua guerra costante ai ciarlatani e nella scelta di restare un altro anno c'è una risposta secca alla confusione del Barcellona che lo dava già per stipendiato, al buio di Milano dove adesso non sanno neppure se riusciranno a fermare Scariolo e al suo posto spunta anche l’ipotesi Dusko Ivanovic, il croato cacciato proprio da Barcellona. Pasticciaccio italiano dove vorrebbero tirare dentro anche Tanjevic mandandolo a Roma.
L'allenatore campione spiega perché ha scelto di restare a Mosca con Kushchenko: «Ho riflettuto due mesi e mezzo, aspettato, ma non ero contento. Il Cska è una famiglia paziente, che ha rispettato di essere seconda scelta mentre pensavo, con loro siamo d'accordo sulla parola e questo basta. Hanno voluto annunciare l'accordo prima, senza legarlo al risultato. Mi ha reso orgoglioso e per questo sono grato ai dirigenti. Io devo lavorare così, con poca gente che decide. L'ho fatto con Cazzola a Bologna, con Gherardini e Gilberto Benetton a Treviso. Perché ho smesso di pensare alla Catalogna o al ritorno in Italia? Perché se non ho interlocutori di cui mi fido vivo male».
Il vento della Sierra rinfresca l'aria nella notte dove anche i russi si buttano dentro la fontana di Cibeles insieme ai tifosi del Real campeon, ma ci resta Ettore con la sua emozione madrilena: «Sono tornato bambino fra i 50 grandi chiedendomi se poteva essere vero, visto che, ad esempio, non c'era uno come Gamba. Certo ho un buon curriculum, ma stare con quella gente mi emozionava al punto che un mio ex giocatore, Sasha Danilovic, un grandissimo, quando mi ha visto imbambolato alla semfinale è stato lapidario: Ettore svegliati, torna sulla terra, perché altrimenti perdi contro il Maccabi.

Ma ringrazio i tifosi di Siena per il coro finale per il loro tifo. Li abbraccio tutti e siano orgogliosi di una bella squadra».
La famiglia Cska parte per Barajas, charter fino a Mosca, da venerdì play off: altro lavoro altre cose da vincere. Facile e molto difficile.

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