È buona regola in democrazia - e tanto più per un leader politico discutere di tutto con tutti: non ci sono argomenti che non possano essere affrontati, né interlocutori indegni di una risposta. Ma c’è qualcosa di vero anche nel detto popolare secondo cui, a forza di andare con gli zoppi, si comincia a zoppicare - e qualche volta senza neppure accorgersene. Oggi pomeriggio, all’Alpheus di Roma, Massimo D’Alema parteciperà insieme a Paolo Flores d’Arcais, il direttore di MicroMega , ad una tavola rotonda programmaticamente intitolata «Come liberare l’Italia? Partiti e movimenti contro Berlusconi».
L’invito, redatto in una prosa meravigliosamente vintage che ricorda i migliori volantini degli anni Settanta, precisa che «l’incontro sarà l’occasione per discutere delle diverse strategie di lotta che il vasto fronte dell’opposizione è chiamato a mettere i n campo in questa delicatissim a fase della vita del Paese». La domanda preliminare che D’Alema s i dovrebbe porre è: vale davvero la pena dibattere un tale argomento? Che cosa significa, esattamente, «liberare l’Italia»?
Un tempo l a sinistra organizzava così le proprie discussioni: prima s i analizzava il più realisticamente possibile la situazione, poi si decidevano l e scelte politiche conseguenti. Ma se l’analisi traballa, se affonda nella propaganda anziché nel ragionamento, se resta soltanto uno slogan, anche la politica s’impoverisce e si condanna alla sconfitta. Sostenere che oggi l’Italia vada «liberata» è con ogni evidenza una sciocchezza, da cui non potranno che discendere «strategie d i lotta» destinate all’insuccesso. Come l’Aventino, per esempio: è stato l o stesso Flores d’Arcais a promuovere lo scorso febbraio un appello alle opposizioni perché reagissero «secondo una irrinunciabile e improcrastinabile legittima difesa repubblicana, proclamando solennemente e subit o il blocco sistematico e permanente del Parlamento su qualsiasi provvedimento e con tutti i mezzi che l a legge e i regolamenti mettono a disposizione, fino alle dimission i d i Berlusconi e conseguenti elezioni anticipate».
L’appello, fortunatamente, è caduto nel vuoto, s e s i esclude l’entusiasmo momentaneo di Rosi Bindi: che però l’altro giorno, mentre a Montecitorio si discuteva e si litigava ferocemente sul processo breve, è stata zittita proprio da un D’Alema in forma smagliante: «Che vuoi? Che gli vado a menare? M i levo gli occhiali e vado... ». Del resto, è stato proprio D’Alema a d insegnare alla sinistra, frastornata dall’impetuosa e inaspettata vittoria dell’outsider Berlusconi nel lontano ’94, che l’antiberlusconismo è una sciocchezza, e soprattutto che è inutile. Che in politica non esistono nemici, m a soltanto avversari, e che gli avversari non vanno demonizzati ma presi per quello che sono e sfidati sulle scelte concrete. La vittoria dell’Ulivo nel ’96, che viene giustamente attribuita alle architetture di D’Alema più che alla bonomia di Prodi, è il frutt o d i questa linea politica. Come lo è il tentativo, mai rinnegato dai protagonisti nonostante il suo doloroso fallimento, di riscrivere insieme la Costituzione.
Da allora, dal fallimento della Bicamerale, è successo di tutto, ma in campo sono rimasti più o meno gli stessi; l’antiberlusconismo, alimentato tanto dall’impotenza rabbiosa degli sconfitti quanto dalle vistose esagerazioni del Cavaliere, si è radicato e sedimentato e, come un cancro, ha insieme eroso e intristito il popolo della sinistra; l’alternativa resta nebulosa, o assente, e politicamente muta. I n questo paesaggio rissoso e malinconico, dove la crisi della maggioranza incontra un’opposizione ancora più in crisi, D’Alema resta tra i pochi dotato di ragionevolezza e senso politico.
Le oscillazioni tattiche che a volte imprime al suo agire sono più che comprensibili, perché così funziona la politica, e sono comprensibili, seppur non sempre giustificabili, certe sue invettive verbali contro il presidente del Consiglio, la maggioranza, il governo.
Ma forse è venuto il momento di riprendere anche l’iniziativa politica: e anziché discutere con Flores d’Arcais su come liberare l’Italia da Berlusconi, sarebbe probabilmente più utile cominciare a capire come ci si libera dall’antiberlusconismo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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