Giovanni Buzzatti
Quel che scorre nei tubi è cambiato. Ma il detto è rimasto lo stesso, causando - pare incredibile - tante morti. «Da sempre, quando le cose vanno male, si dice attaccarsi alla canna del gas - racconta Carlo Ortolani, docente di Combustione e sicurezza al Politecnico -. E questo perché fino a dieci anni fa una persona che voleva suicidarsi staccava il tubo del gas, lo respirava per pochi secondi ed entrava in coma. Oggi il detto non è più vero, molti non lo sanno e alla fine provocano tremende esplosioni dove a morire non è laspirante suicida, ma gli altri. La ragione? È cambiato il gas: nelle nostre case arriva il metano che, a differenza del vecchio gas da città, non è tossico».
Il professore parte dallipotesi considerata più probabile dagli inquirenti, e cioè che a far esplodere il palazzo di via Lomellina si stato un suicida. «Per morire con il gas, oggi, non basta una boccata». Si finisce per riempire e saturare le stanze di una miscela che esplode alla prima scintilla. «Al metano viene dato appositamente un odore perché ci si possa accorgere delle fughe - continua -. Quando sentiamo odore di gas, però, siamo ben lontani delle soglie di pericolo».
Ortolani si è occupato della tragedia di via Ventotene a Roma (un'esplosione generata da una fuga di gas nella rete) ed è stato consigliere di amministrazione della Aem. «La rete di Milano? Qui mi sento più tranquillo che altrove - dice-. Le esplosioni generate dal gas succedono in tutto il mondo, lItalia non è meno sicura degli altri Paesi.
E non è nemmeno un problema di edifici. «Nessuna struttura edile - conclude il professore - poteva reggere a unesplosione come quella di via Lomellina».
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