Dal meteo delle calende al lunario del signor Regina

L’arrivo del nuovo anno ha sempre stimolato la fantasia popolare favorendo il radicamento di tradizioni, peraltro oggi quasi scomparse, ma che hanno fatto parte in passato di quel semplice bagaglio culturale che caratterizzava la vita, in particolare quella contadina. Non dimentichiamo infatti che è proprio l'attività contadina quella predominante nella nostra regione, sia nel suo vasto entroterra, sia nei borghi costieri, nei quali era sempre l'economia della terra quella che dava sostentamento alla maggior parte della popolazione.
E con Capodanno la meteorologia popolare si sbizzarriva con una previsione sull'andamento di tutti i dodici mesi dell'anno, osservando le condizioni meteorologiche dei primi dodici giorni di gennaio. I primi dodici giorni di ogni mese erano detti «calende» al modo dei Romani e le calende di gennaio erano considerate come giornate campione da rapportarsi ai vari mesi dell'anno. Pertanto se il 3 gennaio, ad esempio, pioveva, si sarebbe avuto un marzo piovoso e se il 9 gennaio c'era il sole anche il mese di settembre sarebbe stato in prevalenza sereno. Ma la previsione meteorologica non finiva qui, perché in alcune località dell'entroterra e della pianura padana si riteneva che se la notte di San Paolo, che si celebra il 25 gennaio, fosse stata scura, cioè nuvolosa le previsioni delle calende non sarebbero state rispettate: «Di tutte le calende non mi curo se la notte di San Paolo non ci sarà scuro».
Il mattino di Capodanno si faceva attenzione, uscendo di casa, alla prima persona che si incontrava: se era un uomo l'anno sarebbe stato propizio, mentre si prevedevano disgrazie incontrando per prima una donna. E uscendo di casa, mai avere le tasche vuote, ma nel primo giorno dell'anno occorreva avere sempre qualche moneta in tasca: così facendo l'anno non sarebbe stato «magro».
È invece fortunatamente scomparsa del tutto l'usanza, ancora viva alla metà del secolo scorso, di salutare il nuovo anno col lancio di vecchio vasellame inservibile dalle finestre. Ricordiamo ancora le strade, al mattino di Capodanno, tappezzate da cocci di piatti e tazze lanciati allo scoccare della mezzanotte. Con questo atto simbolico, le famiglie solevano liberarsi della roba vecchia e inservibile, quasi un rito di eliminazione di tutti i mali fisici e morali accumulati nell'arco di un intero anno, rischiando tuttavia di... trasferirli ad altri che incautamente fossero passati sotto casa.
Una tradizione cara ai genovesi dei secoli scorsi era l'uscita ai primi dell'anno del «Lunario del Signor Regina». A partire dal 1811 il celebre poeta Martin Piaggio iniziò con alcuni collaboratori la pubblicazione di un Lunario che prendeva il nome da un vagabondo ubriacone, realmente esistito: il Piaggio fece del Signor Regina il portavoce del suo umorismo e del suo buon senso che si esprimeva attraverso questo Lunario, che continuò la pubblicazione anche dopo la morte di Martin Piaggio avvenuta nel 1843.

Il Lunario, oltre ad una parte dedicata al calendario vero e proprio, conteneva poesie, storielle, aneddoti e poi una vasta parte dedicata alla statistica nazionale e cittadina: tutti i nomi della Famiglia reale, i Ministri, Consoli ed Ambasciatori, Dignità Ecclesiastiche, tutti i nomi del Governo e dell'amministrazione genovese, Scuole ed insegnanti sino agli orari degli arrivi e partenze dei Corrieri da Genova per la Toscana, per Torino, Milano, Piacenza, Nizza o agli orari del Servizio dei Regi Vapori, da e per la Sardegna.

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