La metropoli disegnata dai milanesi

Per diversi anni noi milanesi abbiamo vissuto la nostra città con il sospetto che le decisioni importanti, quelle che riguardano il destino della città, passassero sempre sopra le nostre teste. Noi, così saggi ma anche così irrequieti, così bonariamente scettici ma anche così capaci di esprimere vera genialità, abbiamo assunto per qualche tempo un'aria tra il brontolone e il rassegnato, che in realtà non è la nostra.
Ora le cose stanno cambiando vistosamente. I grandi cantieri aperti nel cuore della città, che dovrebbero cambiarne il volto, hanno posto una domanda alla quale i milanesi non potevano non rispondere. E hanno risposto infatti: talora giungendo a bloccare progetti già approvati, talora addirittura entrando da protagonisti nella definizione finale dei progetti stessi.
Per diversi anni abbiamo abbassato la testa davanti a un potere che sembrava disinteressato a interpellarci, a testare con serietà i bisogni concreti dei cittadini. Oggi sembra che, a poco a poco, la consapevolezza che non esistono interessi «di qualcuno» che non siano anche gli interessi «di tutti» sta riguadagnando terreno a molti livelli (cittadini, amministratori, imprenditori).
Sentiamo che Milano potrebbe da un momento all'altro cominciare a piacerci molto (sarebbe la rivoluzione), che potremmo tornare ad amarla, che la sua grande bellezza - che c'è già - potrebbe tornare ad essere visibile per tutti.
Ci sentiano «lì lì per». E l'occasione è preziosa. Intanto, segnalo, in questa direzione, l'uscita di uno splendido catalogo a cura dell'Aim (ed.

Abitare Segesta) dal titolo «Esperienze e paesaggi dell'abitare», che con intelligenza e competenza aiuta a spazzar via quell'idea di una Milano cupa e buona solo come ambientazione di gialli e thriller che qualcuno, in malafede, ha voluto inculcare in noi.

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