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Mezza Genova con Preziosi dal magistrato

Mezza Genova con Preziosi dal magistrato

L a maggioranza genoana di Genova pare la maggioranza cattolica di Derry (Ulster): le avversità la stimolano. Così stamattina i tifosi rossoblù scorteranno il presidente Enrico Preziosi alla caserma dei carabinieri per l’interrogatorio. Non importa quanti saranno, ma che intenzioni avranno. Comunque i numeri finora sono stati impressionanti. Erano quasi in cinquantamila l’altro sabato in piazza De Ferrari per la vittoria col Venezia; erano altrettanti l’altroieri in piazza della Vittoria per la festa della promozione. Un abitante su dodici mobilitato per il Genoa quando ormai sulla squadra neopromossa in serie A già incombe la retrocessione in serie C. Per illecito.
Nelle due recenti adunate nessun incidente, ma chi sta per marciare sulla caserma di san Giuliano potrebbe essere più nervoso. Il clima pre-insurrezionale rischia di perdere il «pre» e il giugno 2005 di somigliare al giugno 1960. Fra sport e politica non c’è contiguità quando un calciatore saluta la folla da fascista o da comunista o la tifoseria inalbera croci celtiche e Che Guevara.
Memore della fattiva partecipazione della gradinata Nord - quella genoana - ai fatti del G8, il prefetto vive ore interessanti. Più che mai a Genova il calcio cela risentimenti extracalcistici, che possono unire sponde opposte. Quando il Milan gioca a Genova contro la Sampdoria, sulla gradinata sud - cuore del tifo doriano - l’accoglie lo striscione: «Assassini». Per via del tifoso genoano ucciso da uno milanista nel 1995.
C’è anche un lutto più recente che aleggia su Genova, quello per il dimostrante ucciso da un carabiniere nel luglio 2001 del G8. Comunque votino, i genovesi ci vedono uno di loro. Nella città che prima ha perduto l’industria siderurgica, poi quella nucleare e con loro centomila abitanti, il binomio di sangue e suolo prevale sull’alternativa fra destra o sinistra.
In questo clima un’azione giudiziaria contro Preziosi e una sanzione sportiva contro il Genoa, a Genova non sarebbero prese con rassegnazione. Preziosi ne approfitta. Fra turpiloquio e iterazione, ha gridato dal palco venerdì: «Sono incazzato, sono incazzato, sono incazzato!». Aggiungendo: «Non mollo, non mollo, non mollo!». La cornice di folla induceva più a proclami che ad analisi, ma riempire piazza della Vittoria era riuscito solo a Mussolini, Almirante e Wojtyla.
Con la voce roca e rotta dall’emozione, Preziosi sembrava Ciccio Franco nella Reggio Calabria delle barricate del 1970. Solo che Preziosi con Genova non aveva avuto a che fare finché, due anni fa, ne è diventato l’eroe. Ha preso un Genoa in fallimento e retrocesso in C e ha celebrato l’evento con una festa al Ferraris all’ultima giornata di campionato. Ai genoani piacque il gesto, degno di Clark Gable in «Via col vento». Poi la sentenza del Tar di Catania portò alla «sanatoria» che riammise anche il Genoa in serie B.
Sono eventi dimenticati oltre-Appennino, ma di bruciante attualità qui, tanto più che l’imprenditoria cittadina s’infischiava e s’infischia del Genoa. Perciò, se nessun tifoso s’illude sui retroscena del calcio, Genova rossoblù perdona a priori l’irpino Preziosi, indagato di reato, e inveisce («Chi non salta / magistrato è!») contro il Pm genovese che su di lui indaga.
Comunque finisca l’inchiesta, il contesto è commovente. Portare in piazza gli adolescenti non è mai stato difficile. Difficile è portarci uomini e donne d’ogni età e classe sociale, per giunta vestiti e imbandierati di rosso e blu. Fra loro, chi è nato dopo che il Genoa è andato in serie B per l’ultima volta, nel 1995; ma anche chi, decenni prima, ha visto Zigoni e Pruzzo sbagliare rigori decisivi per altrettante, antiche retrocessioni. Quanto alla prima, risale al 1951: insieme alla Roma.

In questo mezzo secolo, per Genova non essere capitale ha fatto la differenza.

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