Hanno aspettato il fischio finale per infilarsi i giacconi. Poi via, di corsa in centro per i tradizionali caroselli nel cuore della città. «Perché la festa non può che essere qui in piazza Duomo - urla Marco che oggi ha deciso di lasciare libri chiusi sopra la scrivania -. Lo studio è bandito: bisogna festeggiare!».
Studenti, bambini e pensionati: i caroselli non hanno età, ciò che conta è urlare. «In Italia Milan. In Europa, Milan. Ovunque sempre rossonero!».
Ma i primi ad esultare sul sagrato sono stati i tifosi leghisti. In testa Matteo Salvini che con un orecchio ascoltava i comizi e con laltro chiedeva aggiornamenti sulla partita della sua squadra. Poi le bandiere verdi hanno lasciato spazio a quelle rossonere ed è stato il delirio. «Una grande vittoria alla faccia dei gufi e dei minimizzatori - ha esultato Roberto Formigoni che della sua passione per il Milan non ha mai fatto segreto - è stata una vittoria straordinaria». Da destra a sinistra: la bandiera rossonera è riuscita a mettere daccordo i politici della Milano delle polemiche. «Voglio fare al Milan campione del mondo per club le mie più calorose congratulazioni - ha detto il presidente della Provincia Filippo Penati - per questo nuovo record raggiunto e per tutte le emozioni che sta regalando ai tifosi e agli appassionati del pallone in tutto il mondo».
È la quarta volta che il club rossonero vince la Coppa Intercontinentale, lultima nel 1990 e prima ancora nel 1989 e nel 1969. E ogni volta a festeggiare in piazza Duomo, perché «Milano è dei milanisti», urlavano i tifosi. «Riceverò a Palazzo Marino Ancelotti, il Lorenzo il Magnifico che forgia gli artisti nella fucina di Milanello - ha detto lassessore allo Sport Giovanni Terzi -. Insieme a lui i giocatori non appena torneranno dal Giappone». Lobiettivo: «Celebrare non solo la squadra ma una città in vetta al mondo».
Sono partiti da via Durini i caroselli dei tifosi. Un civico preciso: la sede dellInter. «Chi non salta neroazzurro è...» e ancora i ritornelli più offensivi destinati ai cugini neroazzurri. «Siamo i più forti! Ricordatelo Mancini». Da lì fino in Duomo, tutti dietro la Coppa di polistirolo da venerare come un dio. E poi su, sul monumento equestre a Vittorio Emanuele, per intonare i cori con il megafono dominando tutto il sagrato.
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