Roma

La mia via invasa dalla sporcizia

Gualtiero Vecellio

Settecento; undici; quindici; ventiquattro, quattro. Non si stanno dando numeri alla Vanna Marchi, se li volete giocare in qualche riffa, lo fate - beninteso - a vostro rischio e pericolo. Più modestamente, questi numeri li si vorrebbe segnalare al sindaco e agli amministratori della città. E ora una riga di spiegazione. Settecento sono i metri della via dove abita e vive chi scrive; via presa a paradigma di una situazione che si ha ben ragione di credere sia tutt'altro che isolata. La via si trova in un quartiere di medio-alta borghesia; come si dice: benestante; e che tale sia considerato lo certifica il non proprio esiguo volume di tasse che a vario titolo si viene chiamati a pagare. In questi settecento metri si possono contare undici cassonetti per l’immondizia: quelli un tempo verdi (ora di colore indefinito) per i rifiuti generici; così lerci che chi si avvicina si può poi ritenere immune da qualunque tipo di aviaria; poi ci sono quelli bianchi, dove si dovrebbero depositare giornali, carte e cartoni. Il condizionale è d’obbligo, perché sembra che venirli a svuotare sia un optional; infine i cassonetti blu, quelli per depositare lattine, vetri, bottiglie di plastica ma non piatti e posate anche quelle di plastica, e vai a capire il perché.
Per completare la galleria dei numeri: quindici sono le automobili parcheggiate sopra le strisce pedonali, in doppia fila, sui marciapiedi, o anche nelle regolari strisce blu, ma che non esibiscono né il bollino del residente e neppure il tagliando del pagamento. Ventiquattro sono le cacche dei cani in cui ci s’imbatte, e che costringono il pedone a veri e propri slalom, se non si vuole avere un supplemento di fortuna. Quattro infine, sono i proprietari di cane incrociati in meno di cinque minuti, tutti e quattro portano a spasso tranquillamente il loro «miglior amico» e in mano, con il guinzaglio hanno di tutto: giornali, pipa, libri, fagotti; ma non quello che dovrebbero per legge avere: una paletta e un sacchetto per raccogliere i «ricordini» che il loro «miglior amico» abbandona dove capita, durante la passeggiata.
Questi numeri, con qualche variante, sono una costante di tutti i giorni; e ora se ne può aggiungere un altro: tre, anche se non tutti i giorni. Tre sono i vigili che un paio di volte la settimana si possono incrociare, mentre all’angolo della strada osservano distratti lo scorrere lento del traffico, oppure fumano una sigaretta - all’aperto ancora si può, certo - o a una certa ora della mattinata si concedono un caffè in quello che è una di quelle che è meritatamente una delle migliori pasticcerie della città.
Ve lo ricordate un vecchio, classico film di Mauro Bolognini, con Alberto Sordi, Peppino De Filippo, Aldo Fabrizi, Gino Cervi, e tante altre indimenticabili glorie del cinema italiano? Si chiamava «Guardia, guardia scelta, brigadiere e maresciallo», e «Albertone» interpretava il ruolo di un vigile fanatico che spiccava troppe multe, e che per questo alla fine viene trasferito. Ora nessuno invoca quel tipo di vigile, certo. Però un po’ più di rigore e di osservanza della legge non guasterebbe. Ne beneficerebbero in tanti: i cittadini,(..

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