Milano Ha scelto il giorno di Sant’Ambrogio per entrare in scena dopo che per mesi, forse anni, ha covato la decisione, ma i santi a cui si vota sono Gianfranco Fini, Pier Ferdinando Casini e Francesco Rutelli. É un giallo la ricandidatura a sindaco di Milano Gabriele Albertini, e la decisione finale è affidata ai leader del terzo polo, con una lettera in cui chiederebbe garanzie. Non tornerebbe in pista - dopo 5 anni - nel nome di Milano. Piuttosto nel segno del Terzo polo e dei suoi aspiranti leader, che lo hanno corteggiato, spinto, aspettato, a volte strattonato, come quel Massimo Cacciari che solo una decina di giorni fa ha convocato in un teatro milanese una strana compagnia di attori centristi per convincerlo a fare il sospirato passo risolvendo i suoi dubbi amletici.
«Credo manchi qualcosa per comporre quella sintesi importante e fondamentale», aveva ripetuto Albertini (che è pur sempre un europarlamentare del Pdl) giocando una melina tanto stucchevole da provocare reazioni anche scocciate o divertite in una platea non nutritissima. E aveva legato la sua scelta alla fantomatica risposta di «una sinistra riformista, moderata, moderna, che vuole governare assieme ad altri le criticità». E in effetti se uno smottamento si prevede è quello dei settori moderati del Pd, che già nelle settimane scorse avevano dichiarato di preferire l’ex sindaco al candidato del centrosinistra, il vendoliano Giuliano Pisapia.
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