Controcultura

Milano, anni '30 La "mala" recita in uno storico film

Il commissario De Vincenzi arruola due malnatt per aiutare un regista

Milano, anni '30 La "mala" recita in uno storico film

Il furgone Fiat 618 era entrato agevolmente in cortile. Per un momento il commissario Carlo De Vincenzi aveva pensato che non ce l'avrebbe fatta a superare il portone della casa dove era ora parcheggiato. Tutto era pronto per mettere in azione il Cinemobile Sonoro. Una varia umanità affollava la casa di ringhiera per la proiezione. Qualche famiglia si era piazzata fuori dai balconi mentre quelli che vivevano all'esterno della casa si erano disposti in cortile. Un centinaio di persone che rumoreggiavano allegramente. Fra di loro De Vincenzi distingueva i volti di alcuni amici del Pinza e del Gabrielun appartenenti tutti alla ligera milanese. C'erano spiciulisti, carbonisti, bidonisti, sgarù ma nessuno era li quella sera per compiere un crimine. E non c'era presente nemmeno un casciabal che potesse raccontarlo sui giornali.

«Cumisari, quando la taca la musica?» chiese un ragazzino al commissario.

«Quando arriva il pianista».

«Eccolo la, eccolo là!» gridò una bambina.

Il Giuanin era arrivato con uno spartito sotto braccio e adesso si stava dirigendo verso il pianoforte che era stato messo al centro del cortile, di lato allo schermo dove sarebbe stato proiettato il film.

«Sono tutti emozionati stasera, commissario» commentò il Pinza che era giunto alle spalle del poeta del crimine.

«La meraviglia del cinema!».

«E pensare che se non fosse stato per lei e per me questo film non sarebbe mai stato finito!».

«Che strano il caso» pensò De Vincenzi mentre faceva scorrere all'indietro nella sua testa la pellicola dei ricordi di quello che era successo anni prima. Le incredibili disavventure accadute nel 1925 a un giovane regista inglese durante il suo soggiorno lavorativo in Italia. De Vincenzi lo aveva conosciuto per caso in Questura a Como dove lui si era recato per alcuni accertamenti su un caso di traffico clandestino di sigarette fra la Svizzera e l'Italia. Mentre stava attendendo di parlare con un suo collega il commissario aveva visto entrare negli uffici di polizia due individui singolari. Uno era alto e robusto con un paio di baffoni che lo facevano sembrare un divo. L'altro, dimesso, era piccolino, un po' rotondetto, bianco in volto, con i capelli corti e la fronte spaziosa. Il primo era vestito in maniera sportiva, il secondo in giacca e cravatta pareva un impiegato. L'uomo con i baffi sembrava sicuro di sé, l'altro era molto nervoso.

«Dovremmo fare una denuncia».

«Prego, siete nel posto giusto signori» intervenne De Vincenzi anticipando un suo collega che stava andando incontro ai due individui.

«Il mio amico è stato derubato in albergo».

«Siete sicuri del fatto?».

«Certo, anche perché adesso ci troviamo letteralmente senza una lira».

«E quanti soldi vi sarebbero stati rubati?».

«Diecimila lire».

«Una cifra considerevole signore, concorderete con me».

L'uomo con i baffi si zittì e guardò il suo socio come a chiedergli il permesso di qualche cosa.

«Come mai il suo socio non parla?».

«È inglese e non parla l'italiano».

«Capisco ora il suo contegno e il suo nervosismo».

«Se non riusciamo a recuperare i soldi dovremo tornarcene a casa a mani vuote».

«Qual è il motivo che vi ha portato dalle nostre parti?».

«Stiamo girando un film. Una parte della pellicola l'abbiamo girata negli interni a Monaco e siamo venuti in Italia per girare il resto, un po' ad Alassio e un po' a Como».

«Ma lei lavora davvero nel mondo del cinema, signor?».

«Barone Gaetano Ventimiglia per servirla. Lo so che il mio aspetto potrebbe ingannare e, in effetti, per qualche anno ho giocato come calciatore semiprofessionista nella Pro Patria Catania. Nel frattempo studiavo e sono diventato direttore della fotografia. Ho imparato molto da Gennaro Righelli sul set de L'incognita, magari l'avrà visto signor?».

«Commissario Carlo De Vincenzi».

«Bene, commissario come pensa di procedere?».

«Intanto mi parli ancora un po' di voi. Chi è il suo compagno?».

L'omino rotondo capì che si stava parlando di lui e intervenne.

«My name is Alfred Hitchcock».

E presentatosi allungò la mano verso il commissario.

«I'm sorry, but I don't speak italian aggiunse sorridendo.

«Non si preoccupi, tanto il Barone Ventimiglia è così loquace che parlerà lui per lei».

«Certo commissario, lei deve sapere che Mr Hitchcock lavora da tempo nel cinema. Ha iniziato la sua carriera come disegnatore per uno studio di ingegneria poi si è dato da fare per una compagna di assicurazioni e quindi è stato scrittore di titoli, sceneggiatore e direttore artistico e di produzione e assistente alla regia per la Famous Players Studio di Islington. Ha disegnato i set di molti film, controllato i tempi di lavorazione delle pellicole. Insomma lavora nel cinema ormai da una vita. La Gainsborough Company di Michael Balcon ha deciso finalmente di scommettere su di lui affidandogli la direzione di un vero e proprio film».

«Insomma, l'occasione della sua vita».

«Certo. E pensi che hanno scelto come protagonista della pellicola la grande star americana Virginia Valli assieme al non meno affascinante Miles Mander».

«Mi sembra però che il vostro progetto si sia bloccato».

«Senza quei soldi che ci hanno rubato non possiamo nemmeno pagare il conto dell'albergo né assumere le comparse previste per alcune scene. L'assistente alla regia Alma Reville sta cercando di convincere la Valli a farci un prestito».

«Ma dal suo sguardo mi sembra che ci sia dell'altro che mi volete raccontare».

«Se devo proprio dirglielo sembra che ci sia una vera e propria maledizione che pesa sul film. Come se qualcuno volesse impedirci di realizzarlo».

«In che senso?».

«È iniziato tutto quando Miles Mander è incappato nel primo incidente che avrebbe potuto far ritardare le riprese. Mentre era alla stazione di Monaco, pronto a partire per Genova, si è accorto di avere dimenticato sul taxi la valigia che conteneva il suo trucco di scena. Il recupero del prezioso oggetto è stato pazzesco. Manders ha rischiato di perdere il treno e di finire in galera».

«Come, come?».

«Recuperata la valigetta che aveva dimenticato, Miles è riuscito ad arrivare al treno che per fortuna era ancora fermo al binario. Il capostazione gli ha intimato di non salire sulla vettura perché stava partendo e gli ha urlato: Nein Nein Verbotten!. Miles non lo ha ascoltato e ha compiuto un gesto atletico incredibile: non solo si è agganciato al volo alla maniglia di una delle carrozze, ma ha avuto anche il tempo di sferrare un pugno in faccia al ferroviere che ha cercato di trattenerlo a terra».

Mr. Hitchcock, intuito il racconto si permise di intervenire.

«I saw everything with my eyes on the train».

«Per fortuna non vi ha denunciati!».

«Ha ragione commissario. Ma non è finita qui. Avevano ricevuto istruzioni dalla casa di produzione tedesca di non dichiarare nulla alla dogana e di far entrare così di nascosto in Italia i materiali necessari alle riprese. Abbiamo così stivato diecimila metri di pellicola vergine nel bagagliaio. Poi abbiamo smontato per benino la mia macchina da presa e quella fotografica affidata a un operatore del Topical News. I pezzi li abbiamo nascosti fra i vestiti nelle valigie».

«Più che una troupe mi sembrate una banda ben organizzata».

«I doganieri non hanno trovato gli apparecchi. Ma non è sfuggita alle loro perquisizioni la pellicola che ci è stata confiscata. Mr. Hitchcock si è offerto di risarcire il dazio che avevamo voluto evadere e cercato di spiegare che la nostra era stata una disattenzione. Ma gli addetti della dogana hanno dichiarato che la pellicola era sotto sequestro e che non ce l'avrebbero restituita fino a che le pratiche di registrazione non fossero state effettuate. E fino ad oggi non ci è stata restituita».

«Un bel problema».

«Mr. Hitchcock ci ha convinto a fare una colletta per comprarne dell'altra a Milano ed è quello che abbiamo fatto per poter almeno girare ad Alassio la scena della partenza della nave che era prevista da copione».

«Ma non è finita qui».

«No. Si è ammalata l'attrice che doveva interpretare il ruolo dell'indigena che Mander avrebbe dovuto affogare durante una delle sequenze più angoscianti del film».

«E quindi?».

«L'abbiamo sostituita con una cameriera dell'albergo che si è offerta volontaria: è stata fantastica! Sembrava davvero morta alla fine della scena».

«Il furto ai danni di Mr. Hitchcock ora vi ha bloccato di nuovo. Avete dei sospetti sul colpevole?».

«No, può essere successo ovunque: in albergo a Villa d'Este o durante i sopralluoghi al ponte medievale della Civera, o alla cascata di Nesso o nelle frazioni di Coatesa e Borgovecchio».

«Non credo che sarà facile recuperare i soldi».

«Rischiamo di non poter pagare nemmeno l'albergo se non ci mandano qualcosa da Monaco».

«Per quello non preoccupatevi, posso fare una telefonata dalla Questura e garantire per voi a Villa d'Este. E posso anche vedere se riesco a risolvervi la questione della pellicola con la dogana. Ho qualche amico che potrebbe facilitare le vostre pratiche».

Ventimiglia e Hitchcock stavano ascoltando sorpresi le proposte di De Vincenzi.

«Come mai avete deciso di girare un film da queste parti?».

«Mr. Hitchcock ha scoperto il lago e i suoi dintorni anni fa quando era assistente alla regia di Graham Cutts per Il peccato della puritana. A causa di una tempesta non poterono girare alcuna scena. Però il borgo di Nesso gli era apparso come una splendida location da usare».

«Tornate tranquilli in albergo e non preoccupatevi».

Ventimiglia e Hitchcock avevano ringraziato De Vincenzi e l'avevano salutato.

Poi l'operatore dopo qualche minuto era ritornato negli uffici di polizia.

«Non mi dica che vi è successo qualcos'altro di terribile».

«No, però dovrei chiederle un altro favore da parte del mio amico».

«Ditemi pure, sono a vostra disposizione».

«Nel film c'è una scena in cui la protagonista viene rapinata. Quella che abbiamo già girato a Monaco non convince Mr Hitchcock. Secondo lui i brutti ceffi che abbiamo filmato si sono mossi in maniera goffa durante le riprese. Non è che avrebbe da suggerirci qualcuno con la faccia giusta Magari dei ladri veri che noi potremmo riprendere mentre effettuano uno scippo?».

De Vincenzi aveva sorriso e aveva pensato subito al Pinza e al Gabrielun, erano perfetti. Così li aveva accompagnati sul set sul Lago di Como qualche giorno dopo. La scena era andata bene al primo ciak.

E così ora il poeta del crimine si stava godendo le facce sorridenti dei due malnatt della ligera che stavano guardando la proiezione di The Pleasure Garden nel cortile della casa di ringhiera dove si era radunata una vera e propria folla. Il Giuanin accompagnava con pathos le scene mute della pellicola. Quando i due ladri apparvero in scena, vestiti elegantemente, il pubblico li riconobbe subito e iniziò a fischiare e rumoreggiare. Appoggiati in piedi contro un muro portavano giacca e cravatta, indossavano cappelli di feltro e fumavano con gusto le sigarette che tenevano in bocca. Entrambi sorridevano in maniera sbruffona. Un applauso fragoroso scoppiò in cortile mentre il Pinza allungava la sua mano verso la borsa della povera ballerina Jill Cheyne interpretata da Carmelita Geraghty e con un agile gesto le rubava il portafoglio contenente tutti i suoi averi. Bravi, bravi, si fa così! urlò una donnetta al balcone. I due malnatt si pavoneggiavano davanti al loro pubblico. Il Barone Gaetano Ventimiglia aveva spedito la pellicola a De Vincenzi direttamente dall'Inghilterra con un biglietto di ringraziamenti e un commento: «Mr. Hitchcock non solo si è innamorato del vostro paese, ma sostiene che l'aria romantica del lago di Como lo abbia stregato a tal punto da accettare la proposta di matrimonio della signorina Alma Reville che è diventata sua moglie al rientro in Inghilterra. I due sperano di tornare presto in Italia e di soggiornare di nuovo a Villa d'Este. Il conto l'ha pagato la signora Valli. I coniugi Hitchcock gradirebbero avere la sua compagnia in caso decidessero di fare un salto a Milano per visitare il Castello Sforzesco e il Duomo».

De Vincenzi sorrise leggendo la missiva, e l'incontro nella sua città avvenne nel 1966 in occasione del lancio de Il sipario strappato.

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