di Michelangelo Bonessa
Bisogna guadagnare almeno 3mila euro al mese per vivere a Milano. È quanto risulta dall’indagine promossa dalla Camera di commercio sui costi della vita all’ombra della Madonnina. Ciò che ne viene fuori è che la vita a Milano comporta un costo nettamente superiore a quello da affrontare nel resto del Paese e che è cresciuto di 107 euro rispetto al 2009: già rispetto alla Lombardia nella metropoli meneghina si spende il 2,8% in più, mentre rispetto al resto della nazione la differenza sale fino al 21%. Un divario tanto marcato che la stessa soglia di povertà è stimata ben più alta di quella nazionale e di conseguenza anche i poveri di Milano sono ben di più di quelli nel resto d’Italia: qui, per essere sotto la soglia, un nucleo familiare deve guadagnare 1,485 euro o meno, mentre nel resto del Paese l’asticella si ferma ai 992 euro. La conseguenza è che se i poveri in Italia sono l’11% delle famiglie, a Milano sono il 15% (nel 2009 quando erano quasi il 17%).
Le spese crescono, anche se molte voci sono calate tra cui quella per gli alimenti: nel 2009 si spendevano 422 euro a nucleo per fare la spesa, mentre ora il budget medio è di 403 euro. Un calo del 4,6% che comprende nella cifra anche quello per i tabacchi, mai stati così in basso negli ultimi quattro anni, e la crescita degli spuntini al posto del pranzo. Emerge poi che essere single non conviene, sia per fare la spesa sia per le altre uscite: se si vive con altre persone si può risparmiare fino al 45% al supermercato e anche il 48% per tutte le spese non alimentari. Ancora, il 10% dei milanesi, che vivono principalmente in centro, rappresenta un quarto dei consumi totali della città. «Un segnale – commenta Renato Borghi, membro di giunta della Camera di Commercio – che a Milano permangono forti diseguaglianze sociali». A queste in parte hanno rimediato le famiglie visto che con 30mila euro all’anno si coprono a malapena i costi: quella fetta di famiglie che ne guadagna la metà spende più di quanto incamera grazie all’aiuto dei genitori, nella metà dei casi, o di altri parenti o amici. A questo proposito anche i figli sono riusciti in molte situazioni, il 22% del totale, a essere la stampella economica dei genitori. «Questi dati tracciano un quadro chiaro delle conseguenze della crisi economica – dichiara Cristina Tajani, assessore alle Politiche per il lavoro del Comune –, l’amministrazione si è già mossa firmando un protocollo di relazione con le parti sociali che prevede l’apertura di quattro tavoli che analizzeranno dati quantitativi e qualitativi per capire quali azioni intraprendere». A proposito dei dati qualitativi, è emerso che in buona parte i milanesi spendono meno per un effetto psicologico della crisi economica: nel timore di vedere ridurre le entrate per un qualsiasi motivo, dalla perdita del posto di lavoro alla riduzione della pensione, hanno ricominciato a risparmiare. Un fatto che coinvolge il 41% delle famiglie. Nel dubbio si ricominciano a riempire i salvadanai, anche se qualche viaggio ce lo si concede: si spende leggermente più che nel 2009, ma dopo un calo del 2008 del 28%.
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