Milano, è il centro d'Italia Calcio, politica ed Expo la città si riprende il Paese

Il derby è lo specchio di Milano: non più Nord contro Roma, ma si gioca tutto qui. Come se fos­se la vetrina di una nuova era: benvenu­ti dove tutto sta accadendo. Nel nuovo palcoscenico di sport, politica, economia, architettura, bel vivere

Milano, è il centro d'Italia 
Calcio, politica ed Expo 
la città si riprende il Paese

Il derby è lo specchio di Milano. A prescidere dai colori, perché alla fine della partita non ci sono nerazzurri e rossoneri. C’è la città, una. C’è il nuovo centro del Paese. Questa è la stagione di Milano ed è cominciata a San Siro. È la rivincita su Roma: fino a ieri anche il pallone era stato un perenne confronto tra la capitale d’Italia e quella del Nord. Adesso si gioca tutto qui: Inter e Milan, Milan e Inter. È il derby più importante degli ultimi vent’anni, forse trenta. Aspettato, vissuto, goduto. Come se fos­se la vetrina di una nuova era: benvenu­ti dove tutto sta accadendo. Perché è co­sì: Milano è il palcoscenico di sport, politica, economia, architettura, bel vivere. È la passe­rella del futuro. Qui si gioca la parti­ta politica dei prossimi mesi: i pro­cessi al premier Silvio Berlusconi trascineranno il circo politico-me­diatico per le strade di Milano. Ro­ma a guardare e Milano a vivere. Sempre qui si gioca la partita eletto­rale più importante delle ammini­­strative 2011. Sempre qui i prossi­mi mesi saranno quelli decisivi per vedere che Paese siamo. Perché il tempo per l’Expo 2015 sta per sca­dere e mettere a posto progetti, au­torizzazioni e idee è una sfida che non può perdere nessuno: né la cit­tà, né l’Italia.È questione di credibi­lità. Sempre qui ruota la partita eco­nomico- finanziaria: le ricapitaliz­zazioni delle grandi banche, il duel­lo del mercato, gli affari della Bor­sa, la grande partita strategica dei poteri forti,l’intrigo Generali.Trie­ste è una bandiera dietro la quale si nascondono le trattative milanesi. È così che va il mondo, è così che va quest’Italia milanesizzata. È la metafora di se stessa: una cit­tà disegnata con un centro e dei cerchi che le ruotano attorno con un diametro sempre crescente. Ce l’ha dentro il fatto di essere il per­no sul quale si muovono pianeti e satelliti. Così è adesso che non c’è un altro posto che possa conten­derle lo scettro del potere. Anche il cinema s’è ripreso Milano: il film più visto della stagione e anche del­la storia di tutto il cinema italiano (quello di Checco Zalone) è girato e ambientato qui, è milanese nello spirito e nelle immagini. Sì, c’è la Puglia, ma la protagonista sullo sfondo è Milano. Nel secondo film più visto dell’anno («Benvenuti al Sud»), Milano è la città dalla quale si parte e nella quale si vuole torna­re. Nel terzo, quello di Aldo Gio­vanni e Giacomo, è di nuovo prota­gonista. Sono segnali. C’è stata la stagione della romanizzazione del cinema, adesso è il momento della milanesizzazione. E quella che viene fuori è una città solare e vitale che cancella anni di pregiu­dizi vecchi e ridicoli. Adesso torne­rà di nuovo col remake di «Sotto il vestito niente». Saranno casualità, eppure sembra che attorno a que­sta metropoli troppo spesso bi­strattata ingiustamente ruoti una serie di sensazioni positive: prota­gonismo, passione, spirito d’ini­ziativa. Non è la riedizione degli anni ’80: chi ha vissuto quella sta­gione dice che la Milano di oggi non c’entra con quella da bere. È protagonista, ma diversamente. S’è ammorbidita, s’è addolcita. È meno perbenista e però anche me­no sfrenata. Ha sostituito i clan del­l’epoca di yuppie e paninari con uno sciame nuovo. Ha scritto Sil­via Grilli su Panorama : «È la Mila­no itinerante delle tribù della mo­da, del Salone del mobile, dei pier­re, dei media, della gente che sta fuori anche solo per fare la coda perché sei a Milano, finalmente al centro del mondo». La retorica fa parte del gioco, per­ché il sonno che ha vissuto la città ha fatto crescere anche il diritto di rivendicare e reclamizzare pom­posamente la sua nuova era.

L’at­mosfera è quella di un posto che ha capito di essersi ripreso l’Italia e possibilmente anche qualcosa di più. È una eterna sensazione di conquista, anche quando non c’è più niente da conquistare. Conti­nua, perenne. È la sua forza, è il suo spirito. Quello che troppi non vogliono capire.

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