Una Milano che combatte la burocrazia

Da quando i servizi amministrativi hanno mostrato un’incontenibile tendenza alla complicazione, più o meno dai tempi dell’antico Egitto e di Roma imperiale, si è posto il problema dell’alleggerimento della burocrazia, dell’esigenza,cioè, che sudditi e cittadini non invecchiassero davanti agli sportelli. Qualche progresso è stato fatto, ma sono ancora troppe, pur nell’era del computer, le giornate che un cittadino, magari imprenditore, deve perdere per mantenersi in regola col mondo dei bolli e dei timbri. La questione è scottante, tutti sognano snellezza di procedure e rapidità di risposte. Di recente il tema è tornato di moda e, allo stato, si contrappongono due metodi: quello romano e quello milanese. Quello romano, propagandato dal governo con strepito di tamburi, promette mobilità, responsabilità e meritocrazia nell’esercito del pubblico impiego, ma rinvia tutto a alla felice conclusione di una defatigante trattativa con le organizzazioni sindacali. Alcuni esperti sostengono che questo porterà alla cogestione con i sindacati dei pubblici dipendenti e che la cogestione di fatto incepperà ogni cambiamento, qualsiasi snellimento.
Il metodo milanese è più spiccio. Fra pochi giorni ci saranno nove sportelli speciali: ogni cittadino potrà sbrigare, in una volta sola, tutte le pratiche di competenza comunale, anche le più complesse. Nel volgere di qualche mese la piena in formalizzazione consentirà di accedere a questi “centri polifunzionali” anche col computer, da casa. Contemporaneamente, la Regione Lombardia ha varato una legge per agevolare le imprese: gli operatori avranno a che fare con una burocrazia molto più leggera e ci vorranno meno giorni per l’iscrizione del registro delle imprese.

Entro sette giorni la Regione dovrà rispondere alle legittime richieste, altrimenti scatterà il silenzio-assenso. Ogni orgoglio campanilistico sarebbe fuori luogo, ma c’è una certa differenza sulla quale meditare. O no?

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