Lapertura, martedì scorso, del nuovo spazio della Triennale alla Bovisa - con grandi spazi per mostre e performances artistiche, soprattutto per i giovani - segna una data importante nella storia recente di questa città.
È il marchio che l'intera città pone su una tendenza di cui non tutti, nonostante la sua imponenza, sembrano essersi accorti. Milano è tutt'altro che una città «ferma» (abbasso gli odiosi e ingiusti paragoni con Torino e Roma): Milano si muove, e comincia anche a essere chiara la direzione del suo movimento: dal centro alla periferia.
Pezzi della sua periferia stanno cambiando faccia. Da via Savona a tutta una parte di città a sud di corso Lodi, da Lambrate alla Bovisa.
Qualche anno fa Armani stabilì il suo grande store in via Manzoni. Altri tempi. La città era ancora ferma, non lanciava segnali in nessuna direzione precisa. Oggi probabilmente la scelta sarebbe diversa - come quella di Dolce & Gabbana, che escono finalmente dalle vecchie mura spagnole.
Non che la moda abbia oggi a Milano l'importanza culturale che aveva vent'anni fa. Però sono segnali.
Oggi l'istituzione culturale più viva di Milano stabilisce una sede importante in un quartiere che fino a qualche anno fa era addirittura malfamato. A imitazione di altre città, questo lo sappiamo - prima fra tutte Berlino.
L'importanza che io vedo in questo evento sta nel fatto che, per la prima volta, i giovani - dai diciotto ai trent'anni - sono chiamati a diventare protagonisti e non soltanto spettatori della vita culturale di questa città.
L'impresa deve riuscire. Il suo fallimento sarebbe, a questo punto, uno scacco per tutta la città.
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