Milano declassata a BBB+, con outlook (ovvero previsione di tendenza) negativo. Premesso che forse sarebbe arrivato il momento di prendere un po’ meno sul serio le agenzie di rating che da qualche mese sono ingiustamente diventate le vere padrone e arbitre dei destini delle nazioni e addirittura delle loro sovranità, la notizia è che Standard&Poor’s ha tagliato il rating di Palazzo Marino. Nessun allarme, perché i tecnici spiegano che il declassamento di Milano, in buona compagnia visto che analogo destino è toccato ad altri 12 enti locali tra cui i Comuni di Firenze, Genova, Roma e Bologna, sarebbe semplicemente la conseguenza del declassamento dell’Italia da A a BBB+ del 13 gennaio. Per cui l’agenzia ha ridotto a cascata anche la «credibiltà» economica e finanziaria della città. Ma forse qualche riflessione va fatta. Perché ormai tutti, bersagliati dai dibatti tra politici ed economisti, abbiamo capito che l’unico modo per uscire dalla crisi è somministrare al malato una cura energica, ma sopportabile. Perché il farmaco tossico rischia solo di ammazzare il paziente. E la ricetta più sopportabile è fatta di sacrifici (e dunque tasse), ma soprattutto di sviluppo. Un binomio da declinare in sintonia. Creando un mix virtuoso che rilanci consumi ed economia, evitandola recessione.
Ma il vero dubbio è che a Milano finora ci si sia accontentati di una sola parte della ricetta. Quella più amara, fatta solo di tasse e aumenti di tariffe. A partire da quella del tram. E per quanto riguarda le tasse, prima c’è stata quella sulla casa (portata per la seconda all’aliquota massima dalla giunta Pisapia), arriverà il rincaro di quella sull’immondizia e ultimamente è toccato alla Cosap. Sigla oscura per i cittadini, finché non hanno capito che un trasloco sarebbe costato 1.800 euro in più. In attesa che bar e pizzerie dovendo pagare di più per piazzare i tavolini, aumentino il caffè e la margherita. Ammesso che qualcuno abbia ancora voglia di frequentare i locali in centro, dopo che con «Area C», entrarci ora costa ben 5 euro. Una tassa camuffata da lotta allo smog che rischia di desertificare le strade più frequentate. E i negozi.
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