Cronaca locale

"Il 30% in meno ai cenoni. E un fine 2021 in frenata"

Il segretario di Confcommercio: "Turismo in crisi Porte dei negozi chiuse, il rinvio era necessario"

"Il 30% in meno ai cenoni. E un fine 2021 in frenata"

Marco Barbieri, segretario generale di Confcommercio Milano. Come si chiude il bilancio 2021 per le imprese? Partiamo dal commercio.

«Il nostro Ufficio Studi intorno a Sant'Ambrogio stimava un +15% di incremento dei consumi rispetto al 2019, durante il mese c'è stata una frenata di 6/7 punti per effetto di contagi, quarantene e ulteriori restrizioni. Il più è legato al consolidamento degli acquisti on line, i negozi al dettaglio hanno imparato a usare lo strumento, prima subivano solo la concorrenza delle piattaforme».

Bar e ristoranti?

«Anche qui, se nel dicembre 2020 c'era stata una caduta a -80% rispetto al pre Covid, eravamo in zona rossa, a inizio mese il comparto ristorazione registrava il -25%, un buon recupero. Ma anche qui tra psicosi Omicron e restrizioni siamo saliti a un -30/35%. E sul cenone di capodanno ci sono forti difficoltà, solo 170mila persone a Milano festeggeranno fuori. Nel 2019 erano oltre 220mila, il 30% in più».

Il comparto turismo?

«Viaggi e alberghi hanno subito la botta più pesante. Eravamo già a -40% a inizio mese rispetto al 2019, ora siamo a oltre il 50. L'obbligo di tampone per i turisti stranieri ha bloccato le prenotazioni».

Le discoteche devono rimanere chiuse fino a fine gennaio. C'è il rischio che i giovani organizzino feste di capodanno fai-da-te?

«La chiusura dei locali di intrattenimento fino al 31 gennaio è stata una mazzata tremenda ed è forse la misura che si fa più fatica a comprendere. L'efficacia dei vaccini è scontata, se non si mantiene il più alto grado di libertà per chi ha il super green pass si rischia di andare in contraddizione. E come si è visto in estate, quando si chiudono le discoteche si creano aggregazioni incontrollate in giro, feste abusive».

Nel complesso, l'occupazione ha tenuto?

«É stato ovviamente un anno migliore rispetto al 2020, i vaccini hanno evitato lockdown e zone rosse. Non siamo ancora tornati alla normalità, se a settembre-ottobre eravamo in direzione di recupero l'ultima parte dell'anno come dicevo sta riportando ombre pesanti. Ma non si sono verificati fenomeni di crisi occupazionale, semmai bar e ristoranti stanno faticando a reperire cuochi e camerieri da assumere».

Come lo spiega?

«Dopo il lockdown viene identificata purtroppo come attività a rischio, la prima che può finire in stand by e con un tempo prolungato, molti camerieri o barman hanno preferito riconvertire la propria professionalità».

Chiederete sostegni per il 2022, magari un'estensione della Cosap gratuita oltre i tre mesi per i dehors?

«Le agevolazioni sono ben accette ma la cosa più importante è consentire alle imprese di lavorare, senza restrizioni. Milano ha capacità imprenditoriale, preferisce tornare lavorare normalmente piuttosto che avere contributi».

Covid permettendo, auspica anche un taglio dello smart working?

«Il modello organizzativo del 2022 non sarà più quello degli anni '80 ma attenzione a non estremizzare uno strumento. Milano dal lunedì al venerdì raddoppiava con i pendolari, Milano è caratteristica per la vitalità. E il commercio vive principalmente di clienti in presenza».

Dopo l'appello di Confcommercio la prefettura ha rinviato a fine emergenza l'obbligo di tenere chiuse le porte dei negozi che per il Comune doveva scattare dal primo gennaio, come misura antismog. Soddisfatto?

«Era assolutamente necessario un rinvio. L'aerazione dei locali è ancor più importante in questa fase critica di forte risalita dei contagi, per la salute di chi lavora nei negozi e dei clienti che vi entrano.

Il Comune pensi ora a un bando di sostegno per le attività soprattutto in periferia e vicine ai cantieri M4 sprovviste di lame d'aria o di ingressi con isolamento tecnico, sono spese tutt'altro che irrilevanti».

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