Gli 80 anni del Camparisoda la storia dell’arte in un aperitivo

Gli 80 anni del Camparisoda la storia dell’arte in un aperitivo

«Ottant’anni e non sentirli»: è il degno sottotitolo della mostra che festeggia la bottiglietta più famosa d’Italia, quella del Camparisoda. A due anni dall’inaugurazione della Galleria ristrutturata dall’architetto Mario Botta nella palazzina Liberty di Sesto San Giovanni, ecco una nuova mostra che celebra un marchio attraverso la creatività di alcuni tra gli artisti che hanno segnato indelibilmente il Novecento. Primo tra tutti Fortunato Depero, alfiere futurista che all’incontro e al sodalizio con il commendator Campari, iniziato alla fine degli anni Venti, deve una tappa importante e quasi fondamentale del suo eclettico percorso. L’esposizione, appena inaugurata a cura della direttrice artistica Marina Mojana, comprende una quarantina di grafiche originali provenienti dall’Archivio Campari che illustrano genesi e successo della bottiglietta tronco-conica nata proprio da un’idea di Depero. In mostra, però, sono presenti anche opere inedite delle campagne degli anni ’30 e ’40, oltre a tempere originali dell’illustratore milanese Franz Marangolo e di Guido Crepax. «È un viaggio nella storia d’Italia - racconta Marina Mojana - ricco di aneddoti che compaiono negli archivi di un’azienda le cui sorti sono sempre state legate a doppio filo con l’arte». A partire dal «colpo di fulmine» alla Biennale veneziana del 1926 quando l’allora squattrinato Depero espose un quadro intitolato «Campari al seltz». In quel momento fu la sua fortuna, perchè Davide Campari, figlio del fondatore Gaspare, lo ingaggiò per lanciare l’immagine del suo prodotto di punta. Erano quelli gli anni in cui Milano era una capitale mondiale del design e della grafica, e l’artista trentino, che aveva già pubblicato il «Numero Unico Futurista» e il manifesto «Squisito al seltz» realizzò oltre cento bozzetti per le campagne Campari. Nessuno meglio di quel maestro di eclettismo - Depero era poeta, scultore, costumista, pubblicitario, disegnatore di arazzi e di macchine teatrali - seppe incarnare la filosofia di un marchio che avrebbe rivoluzionato le abitudini degli italiani. Tra i manifesti celebri restano agli annali «Se la pioggia fosse di Bitter Campari» del 1926-1927, «Ho radiotelegrafato un Bitter e un Cordial Campari» del 1928 e molte altre opere pubblicitarie realizzate fino agli anni Quaranta. «Ma la storia di questa fortunata bottiglietta si interseca con altri personaggi simbolo della creatività made in Italy - continua la Mojana - basti pensare al manifesto pubblicitario disegnato da Bruno Munari nel ’64 (il cui originale è al Moma di New York) oppure allo spot pubblicitario firmato da Federico Fellini nell’84». Il museo d’impresa sorto a Sesto San Giovanni nel 2009 è un vero e proprio percorso in un mondo scenografico raccontato attraverso opere di artisti e designer che hanno reso celebri anche elementi di oggettistica da bar. Dopo Depero, le firme legate al «red design» passano per Ugo Nespolo, Matteo Ragni (l’ideatore del «Camparitivo»), Alessandro Mendini, Matteo Thun; fino all’artista-regista Franco Scepi, comnsiderato il successore di Depero in casa Campari e di cui sono oggi in mostra una decina di opere originali nate dagli spot Camparisoda girati negli anni Ottanta.

E oggi, a distanza di quasi un secolo, la bottigletta rossa è un’icona del design italiano che ha stimolato un ciclone di idee innovative nel mondo del marketing, ben visibili nelle stanze della palazzina Liberty, tra calendari tascabili, orologi da parete e finanche maniglie per il tram sponsorizzate.

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