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Un abbaglio e due linee incompatibili

Politica è scegliere, chi non sceglie sbaglia sempre. La sinistra Pd a modo suo ha scelto. Con l'assessore Pierfrancesco Majorino, maldestro autore del piano moschee, ha scelto di sostenere Sumaya Abdel Qader, responsabile cultura del Coordinamento delle associazioni islamiche. La giovane Sumaya è laureata ed è artefice di iniziative sicuramente apprezzate (la discesa in campo peraltro le è valsa una delirante sconfessione sulla pagina facebook di un gruppo estremista). Se la campagna elettorale fosse un monologo, un'esternazione unilaterale di proclami e buone intenzioni, la mossa non avrebbe sollevato problemi interni (oltretutto è destinata a incontrare il favore di tanti elettori). La vicenda invece ha spaccato il partito perché è evidente che la candidatura ha legittimato tutto un mondo che sta al fianco e dietro il Caim. E i nodi sono venuti presto al pettine. La lente della campagna elettorale ha fatto emergere quelle prevedibili ambiguità che anche un «big» del Pd come Lele Fiano ha rilevato, quando Sumaya ha parlato di Israele e della Brigata Ebraica. Ambiguità che non c'entrano niente col velo religioso (come vuol far credere una sinistra peraltro poco indulgente con i valori dei cattolici Pd) ma c'entrano molto con gli autentici nervi scoperti del Caim: i rapporti con la Comunità ebraica milanese e il diritto all'esistenza di Israele. Il problema è questo, nient'affatto personale, tutto politico. La sinistra Pd ha scelto, il Pd ha subito.

Infatti ha candidato Abdel Qader ma nello stesso tempo quella che era vista come la sua naturale antagonista, Maryan Ismail, rappresentante di un islam sufico, africano, laico, moderno. E avere due linee opposte equivale a non averne alcuna.

AlGia

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