Ieri mattina a Rho, a Milano un mese fa. Protagonisti allora Massimo Merafina, 45 anni, e Monica Morra 33, a lungo conviventi in via Pascarella 35, una relazione da cui era nato un bimbo di due anni. Cambia solo la personalità dellassassino: tanto Piero Amariti era «un buon padre di famiglia», tanto era border line, pregiudicato, alcolizzato e cocainomane, Merafina. Che infatti prima ancora che per stalking, avrebbe dovuto essere arrestato per una delle sue tante condanne. Per ricettazione, da scontare «affidato in prova ai servizi sociali», dove lui non si era mai presentato. Così i benefici gli furono revocati e gli agenti di Quarto Oggiaro lo cercavano per riportarlo dentro.
Nel frattempo però lui era finito nel gorgo della gelosia. Monica laveva lasciato e sera trasferita dallaltra parte della città. E lui aveva iniziato a perseguitarla con aggressioni continue, spesso armato di coltello. Ma perde definitivamente la testa quando, mentre si trova nella sua nuova abitazione, risponde al telefono fisso sentendo la voce di un uomo. La «sindrome abbandonica» diventa gelosia ossessiva che in una sorta di delirio lo porta a un crescendo di agguati sotto casa, insulti, minacce e botte. Lei presenta due denunce per stalking al commissariato di Lambrate il 18 e 19 giugno. Lunedì 22 giugno alle 8.30 latto finale della tragedia. Lui va ad attenderla allasilo di via Cova. Sè fatto bello, vestito gessato e camicia bianca, ma come al solito è ubriaco. Aggredisce la donna mentre ha il bimbo in braccio.
Raccolta agonizzante morirà alle 11 al San Raffaele. Poi la fuga. Si ferma in un bar dove beve una birra e si fa dare due lattine da scolarsi su una panchina in fondo a viale Corsica dove lo trovano i carabinieri.
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