Appalti e tangenti a Malpensa Le cosche salgono sul treno

L'antimafia indaga sul collegamento tra terminal 1 e 2 Anche un funzionario di Ferrovie Nord tra i 14 arrestati

Cristina Bassi

Luca Fazzo

Le tangenti, come al solito, arrivano prima ancora dell'inaugurazione dell'opera. Il collegamento ferroviario tra i due terminal dell'aeroporto di Malpensa è atteso da anni, e doveva essere pronto - secondo gli annunci - per l'estate scorsa: ma a tutt'oggi chi sbarca al Terminal 2 e vuole raggiungere Milano in treno deve salire sui torpedoni che lo portano al Terminal 1. L'opera è ufficialmente «quasi pronta», e si sa che è costata la bellezza di 115 milioni, ovvero 31 milioni a chilometro. Binari d'oro, si sarebbe detto una volta.

Quasi inevitabile, vista la ricchezza del piatto, che ci puntassero gli occhi imprenditori perbene e anche non perbene: compresi alcuni contigui alla malavita organizzata calabrese. Ieri la Procura di Milano spedisce in cella undici persone e altre tre agli arresti domiciliari. L'inchiesta, condotta dalla Guardia di finanza, è vasta e complicata e contiene anche reati purtroppo consueti: fatture false, qualche bancarotta, diversi casi di concorrenza sleale e un po' brutale. Ma il core business dell'associazione a delinquere, composta da un interessante miscuglio di imprenditori bergamaschi e calabresi, erano gli appalti. E tra gli appalti il più ricco era quello di Malpensa.

A Malpensa gli amici dei clan sbarcano, secondo l'ordine di custodia eseguito ieri su indicazione del giudice preliminare Alessandra Simion, utilizzando due strumenti tutt'altro che nuovi: il subappalto e la corruzione. Il subappalto permette alle aziende che ruotano intorno a Pierino Zanga, bergamasco di Bolgare, e ai suoi amici di Locri e Lamezia Terme, di ottenere i lavori da Itinera il colosso (controllato dal gruppo Gavio) che ha ufficialmente vinto l'appalto, e che ieri si trae di impaccio spiegando di non essere inquisita e di avere ottenuto dai suoi subappaltatori il certificato antimafia: ma un uomo di Itinera, responsabile proprio del progetto di Malpensa, finisce ai domiciliari per associazione a delinquere.

Il secondo, consueto canale impiegato per farsi largo nell'appalto è la mazzetta. A libro paga dell'organizzazione viene messo un funzionario delle Ferrovie Nord, l'ente pubblico che ha gestito, utilizzando anche finanziamenti della Comunità europea, l'appalto per il collegamento tra i due terminal. Il funzionario delle Nord si chiama Davide Lonardoni, e non ha voce in capitolo negli appalti. Si occupa però di sicurezza nei cantieri, ed è su di lui che le aziende del circuito di Zanga, dopo avere ottenuto il subappalto da Itinera, possono contare per entrare senza controlli in cantiere.

È un appostamento lungo e complicato, quello condotto dalla Guardia di finanza. Che parte però dall'unico dato positivo dell'intera vicenda: una denuncia dall'interno del mondo delle imprese, e di quel sottomondo particolare che ruota intorno ai grandi appalti pubblici. Sono i manager di una grande azienda che qualche tempo fa si rendono conto di un fenomeno inquietante: nel bosco delle aziende subappaltatrici circolano una serie di ditte con nomi diversi e sedi diverse. Ma nei cantieri tutti sanno che dietro c'è sempre la stessa persona: lui, Pierino Zanga. I manager della grossa azienda potrebbero, come spesso accade, girare la testa dall'altra parte, per ignavia o per paura. Invece prendono carta e penna e fanno partire la segnalazione.

Da lì, per le «fiamme gialle», è tutto un lavoro di ricostruzione, passo dopo passo, che sfocia nella richiesta di arresti firmata dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini e dal pm Bruna Albertini.

Nei prossimi giorni iniziano gli interrogatori degli arrestati: se Alessandro Raineri, il bresciano che teneva i contatti con i politici, decidesse di cantare potrebbero aprirsi nuovi, interessanti scenari.

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