Arrivano dalla Romania i predatori dei fiumi

Organizzati in squadre che pescano di frodo vendono ai ristoranti pesce pieno di mercurio

Arrivano dalla Romania  i predatori dei fiumi

Predatori di fiumi che distruggono l'equilibrio naturale e mettono a rischio la salute dei consumatori che si vedono portare a tavola pesci pescati di frodo. Un clan cacciato dal delta del Danubio e ora riversatosi nella Pianura padana dove stanno sterminando la fauna ittica. Pescano con veleni, elettrostorditori e reti che distruggono l'ecosistema. Li hanno beccati anche nel Lambro, nelle province di Lodi e di Mantova, ma il loro campo d'azione preferito è il Delta del Po. E si sono già spinti anche fino in Toscana. Il problema è già stato messo nel mirino della politica con l'europarlamentare leghista Angelo Ciocca che ha finanziato personalmente un numero verde (800.82.12.13) per segnalare i predatori delle acque interne.

Secondo uno studio dell'Università di Ferrara, citato in un documento pubblicato dal Senato, i danni alla biomassa degli 8mila chilometri di canali provinciali oscillano tra il 30 e il 40 per cento. E sono cifre ottimistiche: questo clan, composto da una trentina di squadre provenienti nel 95 per cento dei casi dalla cittadina romena di Tulcea, è stato cacciato dalla Romania proprio per i danni causati al Danubio. Negli ultimi dieci anni hanno spadroneggiato sui fiumi del nord Italia, ogni squadra guadagnava fino a 20mila euro a settimana, anche per la mancanza di norme sufficientemente dure: fino alla modifica della legge 154, avvenuta nel 2016, l'unico rischio per i predatori dei fiumi era di vedersi comminare una multa. Adesso il bracconaggio ittico è reato e le forze dell'ordine possono sequestrare le attrezzature, ma i bracconieri si sono già organizzati anche con una rete di avvocati pronta a rispondere alle chiamate in piena notte.

I rischi connessi a quest'attività non sono meno pericolosi della distruzione ambientale: «Un problema è la salute dei consumatori che si trovano a tavola il pescato proveniente dalle battute abusive ha sottolineato Ciocca Non dimentichiamo che spesso il frutto di queste scorribande è venduto ai ristoranti. Ma l'attenzione dei bracconieri per la lavorazione e la conservazione del prodotto è giocoforza scarsa, perché rubano dal fiume in tutta fretta la maggior quantità possibile di pesce». Purtroppo anche le guardie provinciali hanno le armi spuntate e «lamentano di essere state relegate a mere funzioni d'ufficio e di essere usate prevalentemente per notificare le multe degli autovelox», spiega Ciocca.

«Parliamo di gente che vende pesci di fiumi come il Lambro che sono così pieni di mercurio che se infilate sotto un braccio ci si può misurare la febbre ironizza Matteo De Falco, direttore editoriale del canale Sky Caccia e Pesca senza contare che oltre al bracconaggio si sono verificati altri reati come piccoli e medi furti, l'evasione fiscale e i rischi connessi a mangiare pesci contaminati: per cacciarli dal delta del Danubio la Romania ha dovuto schierare l'esercito».

La situazione dopo la modifica della legge 154 è leggermente migliorata, ma il fenomeno non si riesce ancora a debellare.

I soldi a disposizione del clan e l'organizzazione accurata del business vincono ancora il braccio di ferro con lo Stato, anche se diverse operazioni di carabinieri e guardie provinciali in tutto il nord Italia e in Toscana hanno dato il segnale di una tentata inversione di tendenza.

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