"Artigiani? Meno burocrazia e conquisteranno il mondo"

Parla l'imprenditore oggi presidente di Gestione Fiere «Grande qualità, serve l'aiuto per internazionalizzare

"Artigiani? Meno burocrazia e conquisteranno il mondo"

Classe 1956, presidente di Ge.Fi. Spa e con una lunga carriera da imprenditore alle spalle, Antonio Intiglietta parla dopo la chiusura dell'edizione numero 23 di «Artigiano in Fiera», la grande rassegna internazionale dell'artigianato di Fieramilano.

Presidente come è andata questa edizione?

«Direi molto bene, come conferma l'ampia partecipazione e il modo entusiasta e stupito con cui hanno reagito i tanti visitatori accorsi nel quartiere fieristico. All'apertura dell'evento, abbiamo gettato un ponte verso l'Africa con un progetto di sviluppo, basato sulla formazione professionale e imprenditoriale, che interessa l'Egitto, il Madagascar e che potrebbe coinvolgere la Tunisia. Una frase che può rappresentare al meglio questa edizione è quella che ho letto sullo stand di un'artigiana umbra: Sperimentiamo ogni giorno che produrre bellezza genera felicità».

Confartigianato scende in piazza con lo slogan Quellidel sì. Cosa dovrebbe fare il governo per gli artigiani?

«La loro prima necessità è, senz'altro, è la sburocratizzazione. Ricordo che quando, qualche anno fa, partecipai a una manifestazione a New York fui contattato dal municipio della città, che seppe della nostra missione. Mi chiesero semplicemente Can I help you?. All'Italia serve questo: occorre ribaltare la prospettiva, rendendo sempre più le istituzioni dei facilitatori. Piacerebbe molto anche all'Unione europea».

Solo questo?

«No, servirebbe anche investire sulla formazione imprenditoriale dei nostri artigiani: sono dei grandi creativi, ma hanno poca dimestichezza con gli elementi distintivi di un'impresa. Infine, è necessario uno sforzo ulteriore per l'internazionalizzione: la globalizzazione o la affrontiamo o la subiamo. Se da soli gli artigiani non hanno risorse per fare il grande salto, insieme possono fare massa critica. Lo dimostra il lavoro che stiamo realizzando, in Europa e in Cina, col progetto targato Artimondo».

Sul fronte sicurezza, in fiera, come è andata?

«Devo ringraziare le forze dell'ordine e tutti quelli che hanno collaborato. Garantire la sicurezza non è solo un dovere, ma anche un valore aggiunto. La macchina, nei nove giorni di rassegna, ha funzionato perfettamente garantendo l'accesso a oltre un milione di persone con code durate al massimo 6 minuti».

Qual è l'indotto della manifestazione sul territorio?

«Abbiamo creato una grande rassegna internazionale che attira, ogni giorno, a Milano decine di migliaia di persone che visitano la città. Raggiungono il polo fieristico da tutta Italia e da numerosi centri europei, occupano migliaia di posti letto negli alberghi».

Per il prossimo anno state pensando a un ulteriore sviluppo di Artigiano in Fiera?

«La forza di questo evento è la sua dimensione mondiale e Milano si candida a essere la capitale mondiale dell'artigianato. Già adesso numerosi Paesi, come l'Egitto, il Brasile e la Cina ci chiedono di realizzare esposizioni simili. Ma non solo: Artigiano in Fiera è, anzitutto, un evento culturale a cui, da tempo, guarda tutto il Nord Italia. Dunque, più che allargare la rassegna opereremo sempre di più per selezionare le imprese ed estromettere, se necessario, chi non partecipa animato dal desiderio di diffondere la cultura artigiana nel mondo».

Avete già iniziato quest'opera di selezione?

«Sì, certo. Ad esempio, abbiamo portato in fiera una delegazione di artigiani con prodotti di alta qualità dall'Afghanistan.

In alcuni Paesi, più che parlare con le istituzioni, ci rapportiamo direttamente con realtà imprenditoriali che incontriamo, ad uno ad uno, nei laboratori. L'obiettivo è quello di condurre in fiera solo prodotti autentici, originali e di qualità per proseguire un lavoro iniziato nel 1996».

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