È già passato un mese. E non ha ancora un nome l'assassino del 43enne Massimiliano Spelta e di sua moglie, la dominicana Carolina Ortiz Payano, 21 anni, crivellati da sette proiettili calibro 38 proprio la sera del 10 settembre scorso, in via Muratori, frequentatissima strada di Porta Romana. Non che gli investigatori della squadra mobile non abbiamo piste o, come si dice in casi come questi, brancolino nel buio, questo no. Ci sono idee e piste. Soprattutto idee: il delitto è senza dubbio maturato all'interno nel mondo della droga. Tuttavia non si è ancora arrivati alle manette, alle conclusioni.
Mancavano infatti pochi minuti alle 20 del 10 settembre scorso quando il killer, sceso da uno scooter, prima sparò alla donna che reggeva in braccio la figlioletta di un anno e mezzo (rimasta miracolosamente incolume) e poi ammazzò suo marito che cercava di scappare. Quindi la fuga in moto seguita da alcune telecamere poste per strada, che registravano l'incontro tra gli assassini e un amico di Spelta. Dando subito alcune indicazioni su eventuali mandanti ed esecutori.
Sul movente sembra proprio non ci siano dubbi. In casa dei coniugi, in via Mecenate 84, venne trovato mezzo etto di cocaina di ottima qualità e gli esami tossicologici sulle vittime confermarono come entrambi fossero assidui consumatori di droga.
Scavando nella vita dei due, poi, gli investigatori scoprirono che la coppia faceva la classica «bella vita» senza avere però redditi ufficiali da un bel po' di tempo. E che entrambi erano soliti trascorrere lunghi periodi a casa di lei, cioè nella Repubblica Dominicana, dove la droga circola in abbondanza e a buon mercato. Insomma, la conclusione sembra una sola: Spelta e la moglie avrebbero trafficato stupefacente dall'isola caraibica a Milano, commettendo però uno sgarro da punire con la morte.
Tanti indizi ma nessuna prova. Con il giudice per le indagini preliminari che non se la sente di firmare gli ordini di cattura. Il magistrato chiede così alla squadra mobile qualche elemento in più. Ma questo non arriva: a un mese di distanza l'impressione è che l'inchiesta si sia arenata. Non ci sono indagati, ma solo voci, mai confermate ufficialmente, di un sospettato.
Bisognerebbe capire cosa c'è dietro questa apparente impasse. O gli investigatori stanno veramente lavorando su una pista precisa e «pesante» e, preferendo farlo nel silenzio più assoluto, sono riusciti a mettere a tacere anche le «gole» profonde che qualche tempo fa avevano dato un po' troppo fiato alle trombe. Oppure c'è qualcosa, nelle indagini, che non permette di arrivare a una svolta - una vera svolta - in tempi brevi. Naturalmente sempre ammesso che l'inchiesta non sia a un vero e proprio punto morto. O che, addirittura, certe soffiate l'abbiano, in qualche modo, «bruciata».
A lungo si è parlato infatti di un amico intimo di Spelta coinvolto in qualche modo nell'omicidio. Un personaggio che rappresenterebbe un punto fermo per la polizia: se non è direttamente coinvolto nell'assassinio di Max e Carolina questo «sospettato», infatti, saprebbe comunque chi è stato a premere il grilletto e le precise ragioni per cui l'ha fatto. Addirittura c'è chi si è spinto a sostenere che sia lui il mandante dell'omicidio.
Semplici illazioni? Fughe di notizie «pilotate» per distrarre l'attenzione del grande pubblico dal vero cuore dell'inchiesta, dai reali obbiettivi finiti nel mirino degli investigatori? Se, per assurdo, il caso dovesse finire con un'archiviazione, qualcuno un giorno dovrà spiegarne le ragioni almeno a una persona: la figlia di Max e Carolina, una bimba che ora ha solo 16 mesi.
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