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Autodromo di Monza Sequestrati tre milioni agli ex vertici del cda

Autodromo di Monza Sequestrati tre milioni agli ex vertici del cda

Altro che variante Ascari: a non variare mai nell'autodromo di Monza era, secondo la Procura della Repubblica, la passione per i soldi facili. Mentre si aspetta per il prossimo 18 settembre l'apertura del processo alla cricca che per anni ha gestito il circuito trasformandolo, secondo i pm Walter Mapelli e Caterina Trentini, in una potente macchina da tangenti e fondi neri, la Guardia di finanza parte all'attacco dei quattrini illeciti accumulati negli anni. Nel mirino c'è soprattutto Enrico Ferrari, per molti anni direttore generale della Sias, la società che gestisce l'autodromo. Su ordine dei due pm, ieri le Fiamme gialle sequestrano il «tesoretto» accumulato da Ferrari e da Claudio Viganò, consigliere di amministrazione della Sisas fino al 2010: in tutto, 2 milioni e ottocentomila euro distribuiti tra denaro contante, titoli, quote di fondi e beni materiali.
Secondo l'accusa sono il provento dei reati accertati nel corso dell'inchiesta che a partire dal 2012 ha scoperchiato il lato nascosto della gestione della pista brianzola. Secondo il rinvio a giudizio disposto nell'aprile scorso dal giudice preliminare monzese Alfredo De Lillo, Ferrari e altri 14 imputati devono rispondere di una lunga serie di reati commessi intorno all'organizzazione dei gran premi di Formula 1 e delle gare di Superbike. Ferrari è accusato di corruzione, falso e turbativa d'asta, e si è guadagnato anche una imputazione supplementare per il reato di usura dopo che i pm hanno scoperto i tassi di interesse a cui si era fatto rimborsare un prestito di 200mila euro. Oggetto dell'indagine anche l'assegnazione del servizio ristorazione dell'impianto e la concessione a costruire un impianto di distribuzione di carburanti alternativi nel parco. Coinvolto anche il comandante dei vigili di Biassono, Francesco Falsetti, che avrebbe rivelato informazioni riservate e l'ex direttore tecnico di pista Giorgio Beghella Bartoli a proposito delle bolle sull'asfalto, sulle quali avrebbe taciuto, che fecero cadere e infortunare due piloti di Superbike. Nell'indagine sulla qualità dell'asfalto i pm monzesi avevano interrogato diversi centauri tra cui Max Biaggi e Marco Melandri. Dopo il rinvio a giudizio era rimasto aperto il troncone d'inchiesta relativo alla evasione fiscale che Sias avrebbe commesso. A Ferrari vengono contestati oltre ai reati fiscali anche il peculato e altre ipotesi di corruzione. Il meccanismo ruotava intorno alla vendita dei biglietti per le gare, che avrebbe consentito agli indagati di creare ingenti fondi neri. Di mezzo ci sarebbero strutture legate a Bernie Ecclestone, il padre-padrone della Formula Uno: le sue società Foa e Fowc sono state protagoniste di movimenti di somme cospicue con la Sias, mentre almeno un milione e 600mila euro di fondi della Sias risultano usciti con destinazione Inghilterra verso tre società, la Blast Events Limited, la Ad Evolution Ltd, l'Ara Service Ltd, sulle quali è in corso una rogatoria. La Procura monzese ritiene che si tratti di fatture prive di alcun corrispettivo reale e necessarie solo a drenare le casse della Sias.

A spingere i pm a scavare sull'Autodromo, portando alla luce quella che ora definiscono una gestione «familistica e familiare» ma con «profili criminali» è stato un esposto dell'ex presidente della società, Paolo Gualtamacchi.

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