«Sono Nicoletta Zammi, mamma di Samuele che è in giro qua che gioca e adesso ha sei anni. Mi costa tantissimo parlare, forse perché mi sembra incredibile aver pensato di non volere questo bambino. Ma io effettivamente non lo volevo. Avevo 42 anni e convivevo con uomo conosciuto un anno prima. Facevamo fatica ad andare d'accordo. A 22 anni, con molta leggerezza, come fosse un atto di libertà, avevo già abortito. Ho avuto un ictus e avevo un'invalidità che mi creava difficoltà nel cercare lavoro, ero sieropositiva. Daniele, con un passato simile al mio, non trovava lavoro. Lavoravo solo io come invalida. Avevo paura di contagiare il bambino o di lasciarlo orfano. Continuavo a piangere ma non vedevo soluzioni. Sapevo che dovevo uccidere questo bambino. Ho fatto il diavolo a quattro per fissare la data dell'aborto e in quel mese mi sono messa a cercare un'alternativa. Non avevo appoggi in famiglia e persino persone credenti, cattoliche, mi sconsigliavano di portare avanti questa gravidanza. Poi ho incontrato don Giorgio. Mi ha proposto un contatto con il consultorio diocesano. Ho fatto un colloquio con un medico volontario, mi ha detto: «Per prima cosa facciamo un'ecografia per vedere se è vivo».
E quando ho sentito battere il cuore di Samuele ho deciso che l'avrei tenuto. Mi sono rivolta al Cav di Capriolo e non mi sono mai più sentita sola. Abbiamo conosciuto chi ci ha aiutato quando il bambino aveva due anni e mezzo ed è come avere una seconda famiglia. Samuele li chiama zii».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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