Il rottamatore del Pd rinuncia alle primarie ma fa ancora più a pezzi il Pd. Un partito che «non è degli elettori ma degli iscritti e dei dirigenti». Ieri l'assessore Stefano Boeri, che scalpitava da mesi per la sfida nazionale nel centrosinistra, ha scritto una lettera per spiegare i motivi per cui non sarà un candidato del Pd alternativo a Bersani, Renzi e Puppato. Entro le 20 di ieri, ha ricordato Boeri bisognava «consegnare alla presidenza dell'Assemblea Pd cento firme di membri di questo organismo o 18mila firme di iscritti al partito». Mission impossible insomma attenersi a queste regole senza essere big o dinosauri. «Le regole per la candidatura come rappresentante del Pd sono proibitive - afferma - per me come per chiunque viva fuori dalla bolla del partito: 100 adesioni di rappresentanti di un organismo di cui non faccio parte (l'elezione dell'assemblea nazionale risale al 2009 quando la politica per me era un orizzonte neanche immaginato) e 18mila firme di iscritti entro 7 giorni, senza avere accesso all'anagrafe del partito». Con la clausola che «non si possono superare i 2mila iscritti per regione di appartenenza: follia».
Queste «primarie in cattività tra leader nazionali - attacca - sono un errore enorme, condiviso da Renzi e Bersani. Sarà un conflitto tra personalismi invece che tra idee». Verso un passo indietro anche il candidato-assessore dell'Api Bruno Tabacci: «Deluso da Bersani, mi dicano se non vogliono che ci sia».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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