Bruciata la baracca del nomade ucciso Nessun attentato, solo un rito funebre

È stato mandato dal questore Luigi Savina a dirigere il commissariato di Quarto Oggiaro il 7 ottobre scorso. Ed esattamente venti giorni dopo, negli orti di via Lessona, c'è stata un'ammazzatina della mala di quelle che non si vedevano da anni: il duplice omicidio di Emanuele «Lele» Tatone e Paolo Simone. Per dare un segnale forte, due giorni dopo, lui ha fatto arrestare un bullo di 18 anni nell'aula della scuola che frequentava, davanti a tutti i suoi compagni e spedendolo a San Vittore per 48 ore (il ragazzo è incensurato). Denunciando a piede libero altri suoi sette complici, tutti minorenni, per i quali il ragazzo finito in manette rischiava di diventare un idolo. Il giorno successivo altro grave fatto di sangue: il fratello di Lele Tatone, il boss Pasquale, viene freddato in strada.
Antonio D'Urso, vice questore della polizia di stato, catanese, 43 anni, marito di Paola (anche lei funzionaria di polizia) padre di due figli e a Milano dal 2001, è uno che con la gente ama parlarci. E che di solito ci mette la faccia. Mercoledì sera, in divisa, insieme a tutto il personale del commissariato di via Satta al gran completo, ha incontrato enti e associazioni del quartiere per spiegare ai cittadini che questo momento di disordine sul territorio può diventare un'occasione per riprendersi il territorio.
«Non può essere un'esigua minoranza di balordi a configurare il profilo di un quartiere di gente laboriosa e perbene com'è Quarto Oggiaro - ha spiegato a una platea di oltre 150 persone -. Il senso civico, però, è indispensabile e la tecnica del non sento non vedo e non parlo non è produttiva. Volete collaborare con la polizia, per proteggere voi stessi e la zona? Bene, sappiate che la mia porta è sempre aperta ed ecco la mia mail». Ieri mattina l'ha passata quindi a rispondere a tutte le 60 segnalazione arrivategli online da parte dei cittadini di Quarto Oggiaro. Un bel segnale contro l'omertà.
«A chi l'altra sera mi ha chiesto degli omicidi dei Tatone ho risposto che non credo che nessuno abbia visto e sentito nulla quando il boss Pasquale è stato ucciso in strada, tra le abitazioni - continua D'Urso -. Possibile che nemmeno un'anima si sia affacciata alla finestra in quegli attimi? Quindi ho ribadito che per togliere a questa zona l'etichetta di area ad alta densità criminale bisogna dimostrarlo con i fatti. E serve l'aiuto di tutti. Mi hanno invitato a recarmi nei comitati, a girare per il quartiere. Io intanto ho incontrato i parroci delle otto parrocchie della zona e tra una decina di giorni vedrò i presidi delle scuole. Per dimostrare che la polizia c'è».


Da quando è a Milano D'Urso è stato tra i funzionari dell'Ufficio prevenzione generale (Upg) che coordina le volanti, quindi ha diretto la sezione reati contro il patrimonio della squadra mobile, il commissariato Sempione e, per 4 anni, il commissariato di Legnano. Dove era salito sul pulpito, nelle chiese locali, durante la messa della domenica, per parlare agli anziani e metterli in guardia contro i truffatori.

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