Al Buzzi Il Centro di aiuto alla vita

È appena uscita una coppia dalla piccola, accogliente stanza dell'Ospedale dei bambini. Lui e lei, pieni di dubbi sull'aborto per cui sono arrivati fin qui. Al Cav del Buzzi, un anno di vita e sessanta bambini già aiutati a nascere, ascoltano anche i papà. «Spesso sono loro i più spaventati dall'arrivo di un figlio, soprattutto nei primi mesi della gravidanza. Molti spariscono e spesso è il motivo per cui le donne arrivano qui. Vanno aiutati anche loro» spiega Paola Persico, psicologa, responsabile del Centro di aiuto alla vita del Buzzi. Al suo fianco Maddalena Canella, psicoanalista, e l'assistente sociale Rossella Prandi.
Un'équipe di donne dedite ad aiutare altre donne a non abortire per motivi economici o perché sopraffatte dalla solitudine. «Non siamo beghine né talebane, e meno che mai giudici. Siamo persone che vogliono aiutare persone in difficoltà» dice Canella. Il 45 per cento delle donne che si sono rivolte al Cav sono italiane. Sempre di più, a causa della crisi, segnalano difficoltà economiche.
Non sono poche le mamme che hanno già prenotato il primo appuntamento e che poi fanno un passo indietro. «Mi capita almeno quattro volte al mese di incontrare donne che arrivano per l'interruzione di gravidanza ma che in realtà hanno ancora dubbi, a volte mascherati. In questi casi le informo che esiste un Cav, un Centro di aiuto alla vita, a cui possono rivolgersi» racconta la dottoressa Franca Zarini, medico abortista, che coordina il servizio di accettazione delle interruzioni di gravidanza del Buzzi.
Come fa ad accorgersi dei dubbi mascherati? «Dopo trent'anni di esperienza a volte basta uno sguardo, anche se io non sono tenuta a questo, perché le donne che arrivano da me hanno già sostenuto un colloquio. A volte ti chiedono di fissare l'appuntamento per l'intervento più in là. O mi dicono “sono obbligata a farlo”, “non posso tenerlo”. È un discorso che non riesco ad accettare. Ecco, in questi casi dico loro che c'è la possibilità di essere aiutate».
Il Cav del Buzzi le aiuta col sostegno psicologico, colloqui quindicinali o anche settimanali. In caso di gravidanze difficili, a domicilio. Interviene con contributi economici, destinati alle mamme che arrivano entro la dodicesima settimana di gravidanza. C'è il fondo Nasko della Regione, cento euro per i primi otto mesi e duecento euro per i successivi nove. C'è il fondo Gemma «Adotta una mamma, aiuta il suo bambino» (progettogemma@mpv.org numero verde 800.813000), frutto di donazioni private, che consente di erogare 160 euro al mese per 18 mesi. E poi pannolini, corredini, latte a prezzi scontati, buste della spesa per le famiglie numerose. «Abbiamo sperimentato la provvidenza di Manzoni - raccontano le signore dell'équipe -: quando ci chiediamo “e adesso come facciamo?” arriva qualcuno a donare oggetti e denaro. È una cosa bella e sorprendente».
La dottoressa Zarini, medico non obiettore, da ragazza manifestava per la 194. Ricorda che all'inizio era diffidente verso il Cav: «Lo vivevo come un ostacolo all'attuazione della legge. Ma mi sono resa conto che in questo modo possiamo aiutare le donne che in realtà non vogliono portare avanti l'interruzione di gravidanza». Parla anche lei di donne lasciate sole o condizionate dal compagno: «Lei chiede di rimandare l'intervento, lui dice “per il tuo bene, cara, fissalo prima”. Io seguo le indicazioni di lei. Poi escono, parlano.

Lei torna indietro: “dottoressa, fissiamolo prima”. È pazzesco, è chiaro che lei non è convinta». Non capita mai il contrario? Lui che vuole tenere il bambino e lei che non vuole? «È rarissimo, non capita nemmeno una volta l'anno».

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