Il "capolavoro" in rovina prigioniero da decenni dei vincoli burocratici

Degrado e abusivi, il palazzo cade a pezzi La Zona 7: "Via i paletti, recuperare l'area"

Il "capolavoro" in rovina prigioniero da decenni dei vincoli burocratici

Un capolavoro dell'abbandono. L'ex istituto Marchiondi da decenni è ridotto a uno scheletro in rovina. E i vincoli che sono stati posti sull'edificio, ormai, tutelano solo il suo degrado. Tre varchi si sono aperti e favoriscono nuove occupazioni abusive, a loro volta fonte di problemi. Il presidente di Zona 7 Marco Bestetti chiede di togliere i vincoli a quel complesso, anche per rendere possibile il recupero dell'area, mentre con gli attuali paletti burocratici il recupero costerebbe qualcosa come 20-25 milioni e tutto è fermo.

Siamo a Baggio. L'ex istituto Marchiondi Spagliardi è al centro di una storia paradossale. Quel complesso è considerato un capolavoro architettonico. Firmato da Vittoriano Viganò e realizzato tra il 1954 e il 1958, è un gioiello della corrente «brutalista»: anche per questo il plastico del progetto è esposto al Moma di New York. All'epoca fu destinato a istituto di «rieducazione per ragazzi difficili e caratteriali», ma con una concezione del tutto nuova, basata su spazi in grado di favorire una «socializzazione» degli ospiti. La struttura è stata chiusa nel 1970 e oggi quegli edifici sono sottoposti a vincolo della Soprintendenza ai beni architettonici.

Il paradosso è che adesso quei vincoli rendono di fatto impossibile un recupero, che sarebbe costosissimo. E il Marchiondi è un rudere di cemento e vetro, che richiama degrado. «L'istituto - racconta Bestetti - era già stato occupato poi sgomberato ai tempi di Moratti sindaco e De Corato vicesindaco. Nel frattempo le cose sono peggiorate. Nel perimetro dell'area si sono aperti tre varchi e si nota un certo via-vai in zona». È chiaro che un recupero dell'area è sempre più urgente, per ragioni di sicurezza oltre che di decoro dell'area. Un recupero sarebbe anche economicamente appetibile, anche perché l'area sarà vicina a una nuova fermata del metrò. E tuttavia questo intervento, necessario, è reso più costoso dal valore storico e architettonico del palazzo. «Questa grande struttura - spiega Bestetti - è impossibile da riqualificare per l'assurdo vincolo imposto dalla Soprintendenza, che ne vuole tutelare l'arte brutalista. Questo vincolo invece di tutelare l'edificio, ne sta tutelando il perenne degrado». Bestetti ha condotto due giorni fa sopralluogo sul posto, «per verificare le pessime condizioni della struttura e per chiedere al Comune - dice - di murare i varchi aperti lungo il suo perimetro, per evitare future occupazioni». «Ma serve un passo in più - aggiunge - La Soprintendenza deve rimuovere il suo vincolo per consentire finalmente la riqualificazione dell'area, che il quartiere aspetta da troppo tempo. La burocrazia ha già fatto troppi danni. Tiriamo una linea e ripartiamo da zero. Sbagliare è umano, ma perseverare sarebbe diabolico».

«Il vincolo che di fatto blocca il recupero - commenta anche Alessandro De Chirico consigliere comunale di Forza Italia - è uno scandalo tutto italiano, ma non l'unico esempio. Penso ad esempio alle tante cascine in disuso - per rimanere nel Municipio 7, Cascina Case Nuove in via Paravia, monumento all'inutilità della burocrazia italiana». «Un conto è il vincolo posto sul Palazzo degli Omenoni - prosegue - e un conto il blocco all'abbattimento di ruderi che faticano a stare in piedi.

Auspico che, come per l'ex-poligono di piazzale Accursio e mi auguro che avvenga altrettanto per le Scuderie de Montel, si riesca a trovare un giusto compromesso tra la tutela della storia di un edificio e la nuova vita per scongiurare l'oblio. È fondamentale il ruolo del Comune».

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