di Alberto GiannoniCome dilapidare in sei mesi un «tesoretto elettorale». Il caso milanese sta diventando da manuale. La sinistra ambrosiana, come la proverbiale cicala di Esopo, ha «cantato» molto in questi anni. E ora rischia di andare incontro allo stesso difficile «inverno». Gli arancioni milanesi, nei 5 anni di potere, hanno intonato inni di giubilo per le sorti magnifiche e progressive della loro Milano. La serata all'Elfo Puccini, lunedì, è stata solo l'ultimo show di autocelebrazione ideologico-culturale. E molto hanno cantato, negli ultimi mesi, anche gli uomini del Pd, convinti di aver architettato il piano perfetto: «sloggiare» Giuliano Pisapia da Palazzo Marino e sostituirlo con un manager (neo)renziano come Beppe Sala. Il tutto senza colpo ferire. Indolore e pulito.Ma la politica ha le sue regole e ti presenta il conto. La propaganda non basta se manca un legame vero con le esigenze profonde della città. Svarioni ed errori si sono moltiplicati. Prima è arrivato il tira e molla sulle primarie (farle, non farle o farle finte?). Quindi le candidature: all'uomo della sinistra, l'assessore Pierfrancesco Majorino (l'unico politico vero di tutta la compagnia) un ondeggiante e maldestro Pisapia ha contrapposto (senza ragioni comprensibili ai più) la sua vice, Francesca Balzani, uscita dai gazebo sconfitta e arrabbiata. L'ex tecnico Sala, intanto, si è buttato a sinistra, liberando al centro praterie che il fronte opposto ha saputo occupare con un avversario abile e rassicurante, Stefano Parisi. Sala oggi sembra nervoso. I suoi masticano amaro, timori che spesso i numeri dei sondaggi avvalorano. Matteo Renzi non parla di Milano. La sinistra di Pisapia è in preda a una crisi dilaniante.
Il manager prova a farsi accettare come un nuovo Pisapia ma si vede lontano un miglio che non lo è. L'esperienza in Expo, poi, appare più un punto debole che un «atout». Così, nel giro di 6 mesi, tutto è cambiato. E la sinistra adesso «balla».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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