La Cina copia anche le nostre biciclette

Detto in italiano è l'uomo che ha convinto i milanesi ad andare in bicicletta, anche se nel suo biglietto da visita si legge «project manager bike sharing Italia» di Clear Channel, la multinazionale che da san Antonio, Texas è sbarcata anche qui da noi. Perché oggi i numeri di Sergio Verrecchia possono già raccontare di 16mila abbonati, 6mila prelievi al giorno d'inverno, oltre 10mila da primavera, 26mila abbonamenti giornalieri e 15mila settimanali venduti l'anno scorso. Perché oggi le biciclette gialle sono 2.700 e le stazioni per agganciarle 160, ma già da marzo si passerà a 210 stazioni e 4mila bici (a Parigi sono 21mila, 140mila prelievi al giorno). «Purtroppo è anche colpa della crisi», spiega Verrecchia raccontando che ora gli abbonamenti viaggiano a 50-60 al giorno. Roba mai vista e imprevedibile. Per tutti, ma non per lui che ci ha sempre creduto e ora vuol far salire gli addetti al servizio da 42 a 60. Più pedalate, più posti di lavoro. «Il Comune ci aiuta, ma la prima a crederci è stata Letizia Moratti, fu bravissima». Ora anche l'assessore Pierfrancesco Maran «è entusiasta, ma bisogna insistere, servono altre stazioni in centro dove nelle ore di punta san Babila e Duomo si riempiono e si svuotano la sera. Ci sono otto pulmini sempre al lavoro per ridistribuire le bici, ma se c'è traffico tutto si blocca».
Difficile convincere il Comune? «Più facile qui che a Roma. Nonostante il clima più freddo». Perché, contro ogni aspettativa, il milanese si è rivelato l'utente perfetto. «Per lui - spiega Verrecchia - conta l'efficienza e la rapidità. Tre secondi per prendere la bici e uno per restituirla. Buona cultura, confidenza con internet, il 70 per cento sono impiegati, manager, funzionari che ci vanno al lavoro. Nel fine settimana si scende ad appena 2.500 prelievi». I motivi della scelta? «È il mezzo più veloce per andare al lavoro e il milanese è uno pratico. Poi fa bene alla linea e non si inquina, la coscienza ecologia sta aumentando». La ricetta da proporre ai Comuni è semplice: pagare gli stalli e le stazioni per agganciare le biciclette, poi la società si occupa a costo zero della costosissima manutenzione, 2-3mila euro a bici all'anno. In cambio la concessione a utilizzare gli spazi pubblicitari. Un business reso oggi un po' meno conveniente dal calo della pubblicità, ma nessuna intenzione di rinunciare. Anzi. Perché dopo Stoccolma, Barcellona, Saragozza, Città del Messico, Washington e Verona in Italia, la nuova scommessa potrebbe essere la Cina. «Certo - ammette Verrecchia - lì i numeri potrebbero essere un problema».
Si scommette sull'innovazione tecnologica. Sui telefonini si potrà scaricare un'app gratuita con cui sapere in tempo reale tutto del servizio: indirizzo delle stazioni e biciclette a disposizione. «E fra qualche tempo - annuncia Verrecchia - lei verrà a trovarmi in ufficio con una bicicletta elettrica». Un'evoluzione che «porterà dagli attuali 500 metri in media di tragitto, a 2-3 chilometri», consentendo così di coinvolgere anche zone meno centrali. Anche parlando di bici gialle, si scopre che il milanese ha una buona coscienza civica, perché «i casi di danni o vandalismi sono molto bassi, solo il 5 per cento». C'è chi cerca di tenersi le bici ridipingendole, «ma la polizia le trova e ce le riporta». Perché forse non tutti si rendono conto di pedalare su una fuoriserie: bici progettate appositamente per Milano e brevettate dai designer della società, di alluminio per non arrugginire, cambio Shimano, trasmissione cardanica per evitare la manutenzione della catena, cavi coperti perché non si aggancino rischiando cadute, dinamo che rimane accesa a bici ferma per tre minuti (semaforo di notte), gomme kevlar che non si bucano. E per colpa del famigerato pavé di Milano, hanno cambiato i telai mettendo quelli da ciclo cross. Costo totale ben 730 euro, «ma ordinandone migliaia, mica una decina».

Il colore? Scelto personalmente dall'allora presidente di Atm Elio Catania, il giallo dei vecchi tram di Milano. In tanti protestano per il pavé. «Stiamo già cambiano tutte le selle, saranno più morbide». Il segreto? «Trattare da clienti e non da utenti».

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