Il cinema Orchidea torna a «sbocciare»

Il cinema Orchidea torna a «sbocciare»

Torna a sbocciare l'Orchidea. Il fiore, si sa, è di quelli decisamente avari a concedersi e pretende tempo. Destino non dissimile dal cinema, che prende il nome proprio da quella pregiata, pregevole e austera pianta. In molti ricorderanno la sala di via Terraggio. Pieno centro. Dietro corso Magenta. A cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, si poteva ancora fumare. E una cortina si addensava davanti allo schermo. Il frusciare delle pellicole di Fassbinder e Truffaut tra le ganasce e le bobine del proiettore faceva sognare. E da quel gabbiotto lassù, al colmo di una scaletta erta, saliva o scendeva un omino con le pizze sottobraccio.

Film d'autore o, se preferite, d'essai. Mai un grande pubblico di quelli che fanno a pugni per entrare, per questo la capienza viaggia intorno ai cento posti. Tanti ma non tantissimi. Perché l'Orchidea sboccia per pochi. Il nuovo millennio non lo ha trasformato, come a tanti altri è invece accaduto, in un'anonima multisala avvolta dall'odore penetrante dei pop corn al posto di quello stantio di sigarette d'antan. E l'Orchidea ha continuato a programmare i «suoi» titoli. Quelli scelti. Per il suo pubblico. Poi nel 2009 una storia di agibilità e permessi ha finito per far chiudere quegli storici locali che il tempo - cinque lunghi anni - non ha toccato. L'Orchidea non è diventata uno show room o altro ancora e le serrande sono ancora lì. Desiderose di alzarsi.

In realtà si sono alzate qualche mese fa. Un assaggio ma nessuno lo aveva intuito. Il cinema appartiene al Comune che dietro richiesta ufficiale di Milano film network ha accettato di far entrare il pubblico. Era aprile. Un giorno solo. Ospiti e folla nel giardinetto retrostante. Un'orchestra che suona. Una presentazione ufficiale e una volontà che nasceva proprio quel giorno. In quelle sale che il tempo non ha toccato.

«Quando abbiamo alzato le saracinesche - raccontano testimoni - sembrava che la sala avesse chiuso da poche ore. Tutto al suo posto e fuori posto. Nello stesso disordine che la quotidianità porta con sé, quando si esce da una stanza per tornarvi dopo un attimo e il caso vuole che passino giorni». Nel caso dell'Orchidea, anni. Ma quello che accadeva ad aprile era molto più che un caso e, a suo modo, fissava un precedente. Riaprirlo non era poi un'idea così peregrina.

Filippo Del Corno, assessore comunale a Cultura e spettacoli, si era detto disponibile, pur nicchiando. Atteggiamento cauto, più che interlocutorio. Spiegò che nel caso in cui tutto fosse stato a posto lo avrebbe volentieri concesso in uso. Ma la questione era spinosa assai, perché i permessi mancavano e la documentazione nessuno la trovava. Come spesso accade, finì per spuntar fuori esattamente nell'unico punto in cui doveva essere. Il cassetto dell'operatore cinematografico. L'omino con le pizze, per intenderci. Quanto basta per sbloccare le concessioni. E così, ad aprile, l'Orchidea ha cacciato la polvere e ospitato nuovamente i milanesi.

Nel suo destino ci sono nuovi film. Sempre d'essai perché le origini e lo spirito non si tradiscono. A metà del 2015 si calcola che il cinema potrebbe riaprire, ma forse è ottimismo. Forse augurio. In realtà i tempi rischiano di slittare. Il velluto rosso però presto o tardi accoglierà nuovamente i patiti della Settima arte.

Nel frattempo il Comune deve incaricare un'impresa di rimetterlo a posto, svolgere i lavori della necessaria ristrutturazione dopo la chiusura forzata di un lustro. Dureranno un annetto. Un bando deve stabilire a chi sarà assegnata la gestione. E l'Orchidea tornerà a sbocciare.

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